più di 10.000 lettori hanno scelto LE GRANDI DIONISIE...

sabato 3 febbraio 2018

Marina Confalone
RACCIONEPECCUI
di Giuseppe Bertolucci



È una lezione di teatro in forma di corpo quella che l’attrice napoletana Marina Confalone concede al pubblico con lo spettacolo Raccionepeccui. Un testo di Giuseppe Bertolucci, a tratti grottesco, brillante ma anche violento, emozionalmente devastante che sviscera apertamente alcune verità nascoste nell’anima di una disperata (e sfortunata) donna meridionale, testimone - suo malgrado - di momenti di vita che vengono raccontati con una carica emotiva di grandissimo spessore. I piedi dell’attrice sono incollati al palco per quarantacinque minuti, il corpo vive da busto in su, il resto è tutto (in)consapevole bloccato, fermo, immobile: è così che i principi dell’antropologia teatrale vengono messi in mostra con la complicità e la bravura di un’attrice dalle qualità sceniche di livello altissimo.Una vocalità ed una gestualità precisa e curata mettono in luce qualità attoriali che, come si diceva all’inizio, diventano più proficue di una lezione di teatro. Gli spettatori restano incollati per tutto il tempo di questo incessante fluire di parole e tributano all’attrice quasi centoventi secondi di meritatissimi applausi.  Ed è di fronte a queste performance che si ha il dovere e la necessità di continuare ad osservare il buon teatro, quello che nonostante quello che si può credere, è fatto solo con il corpo dell’attore e per mezzo del corpo dell’attore, senza orpelli, senza contorni (sia pur “gustosi” , ma talvolta inutili). 
La vera arte del teatro è contenuta nel corpo, nel sudore, nel sangue dell’attore che continua a vivere nel mondo di un qualcuno altro da sé. La Confalone stupisce per il suo modo di entrare in contatto in modo così stringente con l’altro/a, con una efficacia scenica ed una capacità interpretativa magistrali. Un bellissimo esempio di teatro, modello della fisionomia della scena descritta da Peter Brook ne La porta aperta. Un’uscita da teatro che è innanzitutto un “grazie” a questa boccata d’ossigeno che Marina Confalone ha concesso agli spettatori nel gioiello architettonico come è il teatro Van Westerhout di Mola di Bari, la cui direzione artistica ha dato vita ad una stagione teatrale molto interessante e stimolante da un punto di vista artistico e culturale. E lo spettacolo Raccionepeccui ne fa ragionevolmente e giustamente parte.   

Buona scena!
carlo dilonardo


giovedì 12 gennaio 2017

Lello Arena
PARENTI SERPENTI
di Carmine Amoroso
con Giorgia Trasselli
e con
Raffaele Ausiello, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro,
Autilia Ranieri, Annarita Vitolo, Fabrizio Vona
regia di Luciano Melchionna
scene Roberto Crea
costumi Milla
musiche Stag
disegno luci Salvatore Palladino
assistente alla regia Sara Esposito
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
in collaborazione con Bon Voyage Produzioni e con Festival Teatrale di Borgio Verezzi
debutto nazionale: martedì 26 luglio 2016 Festival Teatrale di Borgio Verezzi

Un film non è uno spettacolo teatrale e uno spettacolo teatrale non è, né può essere un film. Il fatto che uno sia origine dell'altro anche nei casi migliori, non fa dedurre che entrambi siano prodotti perfetti. Uno può avere la meglio sull'altro per vari motivi che non siamo a descrivere in questa sede. 
Pur avendo dato i natali ad una delle commedie di Mario Monicelli, proposte e riproposte in televisione nel periodo natalizio, la sceneggiatura di Carmine Amoroso che pure aveva ottenuto la nomination ai David di Donatello, sembra, a nostro avviso, almeno in teatro, una commistione più o meno evidente di più testi, con un suo profilo ben definito ovviamente ma con una evidente strizzata d'occhio a Luca Cupiello con il suo malinconico amore per il suo presepe (che qui diventa l'albero di natale; forse siamo trasportati anche dal napoletano del protagonista? ), per arrivare all'Ayckbourne di Festa in Famiglia, in cui i figli di due coniugi tornano dai genitori, chi da solo, chi con il proprio partner, senza figli, per far visita, dopo tanto tempo, ai proprio genitori (qui l'occasione è la vigilia di natale). 
Lasciando i commenti su questi due riferimenti testuali e drammaturgici a spettatori un pochino più accorti ed esperti, focalizziamo l'attenzione sull'intero nucleo della vicenda che, se da un punto di vista registico ha dei momenti notevolmente curati, da un punto di vista drammaturgico viene retto solo ed esclusivamente dalla bravura e dall'esperienza, soprattutto dei singoli attori, di alcuni in modo particolare. A tal proposito è proprio l'esperienza di Lello Arena, nonché l'affetto che il pubblico per lui nutre, a metterlo in condizione di giocar facile, facendo leva anche su alcune performance vocali e fisiche che sono divenute ormai, una sua costante in altri spettacoli. Anche l'esperta Giorgia Trasselli diventa un punto di riferimento della vicenda. Ma si sa che con un punto non si fa un racconto... 
La regia di Luciano Melchionna, geniale e vispo regista del noto e straordinario Dignità Autonome di prostituzione disegna una drammaturgia scenica "casalinga", molto e forse fin troppo quieta, al netto di qualche bell'effetto creato dalle luci. La storia di contrasti, conflitti, si chiude brutalmente con forte cinismo e cattiveria (e questo è un parere che interessa davvero la soggettività del singolo spettatore) da parte di quei figli così erroneamente ritenuti felici, così legati a dei valori che tutti credevano essere quelli della famiglia, dell'amore per i genitori ed invece...tra quei serpenti si annida un tremenda verità... 
Alla fine, ma proprio alla fine fine...viene sì spiazzato lo spettatore, ma solo alla fine fine, troppo alla fine fine... quando per un intero atto e metà del secondo, poco avviene di veramente attrattivo e convincente. Una grande difficoltà di movimento degli attori, talvolta addirittura impacciati nei loro movimenti,  dovuta - forse - anche allo spazio scenico del teatro in cui chi scrive ha visto la replica;  spazio che invece era necessario non per l'euforia dello scrivente quanto per l'impianto scenico stesso. Alla chiusura del sipario, gli spettatori di sicuro ricorderanno di aver visto Lello Arena e Giorgia Trasselli ed altri giovani attori. Ma... tutto il resto?

Alle Amiche e agli Amici spettatori delle prossime repliche l'ardua sentenza...

Buona scena!
carlo dilonardo

Replica dell’ 11.01.2017
Presso il Teatro Margherita
Putignano (BA)

lunedì 29 dicembre 2014


GaBrecht
Metti una sera a cena con Giorgio Gaber (e Bertolt Brecht)
Racconti in musica
di e con
Marco Bellocchio

arrangiamenti al pianoforte
Antonio Torella

drammaturgia e regia
Marco Bellocchio

Arriviamo a questo spettacolo dopo una freddolosa passeggiata nel centro storico di Martina Franca, giungendo nell’accogliente cornice dell’ex ospedaletto che ha ospitato Manufacta, la mostra mercato che da qualche anno accoglie la creatività di giovani talenti “artigiani” che producono pezzi unici e rigorosamente fatti a mano.
Nonostante la rigida temperatura il pubblico ha assistito alla perfomance teatrale del giovane attore martinese Marco Bellocchio. Se si digita il suo nome e il suo cognome su un computer o più semplicemente nella nostra memoria siamo di fronte ad un adulto e straordinario regista che porta alto il nome del cinema italiano.
Domenica 28 dicembre invece, abbiamo incontrato in scena un giovanissimo e, ancora per poco, anonimo attore rimanendo incantati e piacevolmente stupiti. GaBrecht guarda con profondo rispetto al grande Giorgio Gaber ed altri autori fra cui il grande Kurt Weill, strizzando l’occhio alla straniante impostazione teatrale brechtiana. Un attore che entra ed esce dal suo ruolo di hypocrites, nella accezione più nobile della parola, coadiuvato dalla presenza immancabile della musica o, per meglio definirla, della canzone.
Marco Bellocchio entusiasma quella parte di pubblico educato e silenzioso attraverso la sua arte, la sua preparazione soprattutto e il suo indiscutibile talento, supportato dall'efficacissimo pianista Antonio Torella. L’attore martinese con un’innata (e auspichiamo duratura) “umiltà” scenica, con pirotecnica maestrìa ha condotto in solitaria tutto il suo spettacolo le cui canzoni, appunto, si sono intervallate a momenti di intensa drammaturgia composta dallo stesso Bellocchio. “In bilico, come un funambolo in equilibrio su una fune”, così come dovrebbe essere l’equilibrio instabile dell’attore, sarà per i suoi studi, sarà per il suo innato talento siamo di fronte ad uno di quei casi di cui si parlerà molto negli anni a venire. Tuttavia, qualora questo non dovesse accadere incitiamo il buon Marco a proseguire, che di questi talenti in giro ce ne sono pochi. Una giovane e piacevole lezione di teatro. Quello vero. Ad maiora. Applausi a scena aperta, con un bis. Sipario!

Buona Scena!

Carlo Dilonardo

martedì 25 novembre 2014

ROSSELLA BRESCIA e VANESSA GRAVINA
in
CARMEN MEDEA CASSANDRA
Il processo


Drammaturgia di Paolo Fallai
con Amilcar Moret  e Gennaro Di Biase
Musiche di George Bizet e Marco Schiavoni
con inserti di A. Honegger, S. Rachmaninoff,
C. Saint Saens, E. Presley, S.Prokof’ev
Coro e Corpo di ballo
Compagnia DCE DanzItalia
Regia e Coreografia di Luciano Cannito
Dopo lo straordinario spettacolo Rooms 2.0 di Lisa Moras, ieri sera si è aperto il sipario sullo spettacolo a cui abbiamo felicemente assistito.
Questo, quello che ho annotato seduto in platea e ve lo riporto:
Una statua in movimento, ricca delle sue precise linee, colma di vene pulsanti scolpite nel marmoreo corpo
Mi è parsa così ieri sera Rossella Brescia, ballerina di consolidato talento e magistrale preparazione estremamente e, direi, fisiologicamente naturale, che sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Martina Franca, sua città natale, ha portato in scena, in compagnia di Vanessa Gravina, di altri discreti attori e ottimi ballerini, uno spettacolo ben orchestrato, basato su una drammaturgia chiara e lineare dal titolo Carmen Medea Cassandra - Il processo
Tre prototipi femminili e soprattutto tre donne poste di fronte ad un processo materiale, sociale, civile – raccontato da uomini – che le vede purtroppo eternamente colpevoli.
Lo scopo del regista Cannito e del drammaturgo Fallai ci è parso quello di ri-scrivere le loro storie con un racconto al femminile capace di generare un equilibrio rispetto a quello che “ci è stato tramandato”. In questa ambiziosa impresa teatrale i componenti della compagnia hanno espresso notevole professionalità, a partire dallo scenografo capace di creare due semplici celle che raccolgono in loro tutto il percorso delle tre protagoniste della vicenda, fino ad arrivare al coreografo-regista Cannito che magistralmente dirige l’ottimo corpo di ballo, quest’ultimo capace di avvolgere gli spettatori in sinuosi e avvolgenti movimenti. Poco convincente invece, anche raccogliendo commenti a fine spettacolo, ci è sembrata la prova recitativa di Vanessa Gravina dovuta a problemi di natura acustica, fonica, linguistica e sonora. Resta, in ogni caso, il ricordo di questa interessante messinscena che dovrebbe essere vista dagli studenti, i quali si avvicinerebbero al teatro e alla letteratura nel migliore dei modi, lontani dai libri ma vicini all’arte tout court.

Chiuso il sipario su questo spettacolo fuori abbonamento, si apre ora ufficialmente la stagione teatrale della città di Martina Franca che annovera tra gli attori e le attrici presenti Simone Cristicchi, Monica Guerritore, Carolina Crescentini ed altri.


Infine, un'ultima nota. Oggi, 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Vorremmo che lo fosse anche domani e poi domani e poi domani e poi domani e poi domani…

Buona Scena!
Carlo Dilonardo
 

venerdì 22 agosto 2014

...è diventato maggiorenne...
IL FESTIVAL DEL CABARET DI MARTINA FRANCA

Come le migliori ed indimenticabili feste di compleanno organizzate dai genitori per festeggiare i diciotto anni dei propri figli anche il Festival del Cabaret – Città di Martina Franca, chiude i battenti della diciottesima edizione nel migliore dei modi, con il padre di questa creatura, Giovanni Tagliente, cui va un meritatissimo plauso per la costanza, la tenacia e il coraggio messo in campo per questa manifestazione.
Il veterano Mauro Pulpito e la cabarettista napoletana Barbara Foria, supportati da ottimi concorrenti e da illustri ospiti, con la loro scintillante ma sempre puntuale ed efficace presentazione delle serate, hanno regalato al pubblico di Martina Franca tre giorni di risate e di spensieratezza.
La “tre giorni” si è conclusa Domenica 24 Agosto, ed ha visto l’attribuzione della vittoria al pugliese Tommy Terrafino (nella foto seguente, a destra) che, trattando fatti di vita inerenti a tematiche “vegan”, “bio”, “eco” sempre più presenti nella società attuale, ha incontrato il favore del pubblico. 
Premio della Critica, invece, assegnato al sardo Albert Huliselan Canepa, originale, fantasioso, surreale nella sua personalissima interpretazione, dotato di efficacissimi tempi comici e teatrali.

http://www.festivaldelcabaret.com/#
Nonostante la particolare concomitanza di numerosi eventi previsti sul territorio della Valle d’Itria, possiamo certamente affermare che, a volte, la quantità può sposarsi anche con la qualità. Abbiamo potuto constatare, infatti, che l’esperienza e la lungimiranza degli organizzatori, l’efficacia comunicativa dell’evento di cui scriviamo ha – riteniamo – portato i risultati meritati, con un’affluenza di pubblico sempre molto numerosa, ma che ha visto il suo exploit nel giorno della finale. 
Segnaliamo, infine, due ospiti che, a nostro modesto avviso hanno divertito particolarmente la platea; il preparato ed esperto comico romano Andrea Perroni e il giovanissimo vincitore della scorsa edizione del Festival, il lucano Dino Paradiso. Questa dicotomia fa enormemente piacere: da una parte l’esperienza consolidata, dall’altra un nuovo volto che grazie al Festival del Cabaret di Martina Franca raggiunge il successo: il caso di Paradiso ne è emblema.
Per concludere, il nostro “in bocca al lupo” va, inevitabilmente, a tutti gli artisti che si sono esibiti esortandoli a continuare per migliorare, perché come riportò Eduardo in suo titolo “Gli esami non finiscono mai”…e questo talvolta è un bene! Ed ora, pronti e tutti al lavoro per il 19°, auspicando lunga vita artistica e successi al Festival, ai suoi "genitori" e a tutti i concorrenti. 
Buona scena!

Le riflessioni sul concerto di Raphael Gualazzi a Martina Franca su:
http://www.saturno22.it/web/raphael-gualazzi-un-grande-che-gioca-a-fare-il-bambino/

mercoledì 9 aprile 2014

Christian de sica
in
CINECITTà
uno spettacolo scritto da
Christian De Sica, Riccardo Casini, Marco Mattolini, Giampiero Solari
e con
Daniele Antonini, Daniela Terreri, Alessio Schiavo
Coreografie: Franco Miseria | Direzione Orchestra: Marco Tiso
Regia Giampiero Solari
Teatro Brancaccio, Roma

Giungiamo a questo spettacolo dopo numerose repliche e dopo una innumerevole quantità di recensioni, articoli, commenti di autorevoli giornalisti. Vogliamo con questa, pertanto, cercare di evidenziare alcuni aspetti che a nostro avviso hanno fatto di questo spettacolo una sorta di “gioco pirotecnico”. 
Christian De Sica nella sua profonda conoscenza del pubblico e della sua arte riesce a coinvolgere emozionalmente gli spettatori eludendo tutti i critici e i redattori benpensanti che talvolta lo hanno associato solo ed esclusivamente al filone del cosiddetto “cinepanettone”. Ci permettiamo di valutare questo genere cinematografico come un fenomeno, giusto o sbagliato lo diranno i posteri, ma certamente un fenomeno sociale dei nostri giorni.
De Sica riesce ad eludere (léggasi eludere, pénsasi a prendersi gioco!) quei benpensanti, perché “mantiene” la scena in maniera straordinaria, mette in luce le sue ben note qualità di performer, oltre ad avere una sorta di “umiltà” scenica che ci fa pensare ad un bambino al luna park. Lo spettacolo, che si avvale della partecipazione di due giovani attori, un divertente ed efficace Daniele Antonini ed un raffinato Alessio Schiavo, e della simpatica Daniela Terreri, oltre che della straordinaria orchestra diretta dal maestro Marco Tiso, con la “chicca” di Riccardo Biseo al pianoforte, è un viaggio a volte nostalgico, a volte malinconico, a volte spensierato attraverso gli studi di Cinecittà, in particolare De Sica pone l’accento sul celeberrimo Studio 5, seconda abitazione di suo padre Vittorio, di Rossellini, di Fellini, di quella schiera di uomini di cinema d’altri tempi (Li abbiamo definiti “uomini di cinema” e non registi non a caso). Oggi quello stesso studio diviene “casa” di altri abitanti con una identità ed una professionalità che ci sono sconosciute per le loro inesistenti qualità artistiche e, talvolta, personali. Ma questo è un altro discorso.
Il percorso in cui De Sica ci conduce è costellato da momenti anche toccanti, come l’omaggio al grande Alberto Sordi; ma lo show-man ricorda anche, senza alcuna inibizione o imbarazzo, alcune scene dei suoi film di Natale senza distaccarsi da esse, senza fare inutilmente lo snob, tanto che inserisce addirittura un momento in cui un finto Senato Accademico gli riconosce la laurea honoris causa in “cinepanettologia”. Come dire, De Sica è un autoritario esponente della disciplina e, a nostro avviso, fa bene a sentirsi tale. Una tipologia di commedia che ci piaccia o no che manda praticamente avanti tutto il cinema italiano grazie ai propri incassi. 
Tornando alle parole con cui abbiamo aperto il nostro scritto, sosteniamo che lo spettacolo non ha in realtà alcuna necessità di essere recensito, nella misura in cui va visto. Va visto, vissuto per trascorrere due ore in tranquillità e spensieratezza, ascoltando storie, eventi, momenti del nostro cinema raccontate dal figlio di Vittorio De Sica, un figlio d’arte, sicuramente, ma che è diventato “Artista”. Perché Christian De Sica dimostra che avere un cognome importante è poca cosa rispetto a quello che al pubblico piace e fa star bene: il nostro Christian, appunto, piace e fa star benePer finire, e rendere il nostro scritto non troppo articolato, associamo l’aggettivo “straordinari” ad una serie di sostantivi: ballerini, ballerine, scenografie, luci, musiche, coreografie e se qualche sostantivo lo abbiamo trascurato potete inserirlo voi, che lo avete visto o che lo vedrete: noi di LE GRANDI DIONISIE sappiamo già di esser d’accordo.

Buona Scena!
Carlo Dilonardo
       

mercoledì 12 marzo 2014

L’invisibile che c’è
di Antonio Grosso
con
Gennaro Cannavacciuolo
Antonio Grosso, 
Antonello Pascale, Roberta Azzarone
e con
Enzo Casertano
Regia Paolo Triestino

Teatro della Cometa, Roma – fino al 30 marzo  

« Papà... Figlio mio, ma sei tu? Si papà, so’ io. Ma, addo’ stai? Qua, giusto dietro a te. Dietro a me? Ma io non ti vedo!Però mi senti...»

Il nuovo spettacolo di Antonio Grosso, diretto con grande maestrìa da Paolo Triestino è una riflessione sull’esistenza, su una moneta che tutti possediamo, una moneta dalla doppia faccia: una che rappresenta la vita e l’altra, inesorabilmente, il suo opposto.
Nel testo scritto dal giovane autore campano, i due poli si attraggano, sono sempre vicini, si sfiorano, si toccano fino a compenetrarsi ed essendo due situazioni così opposte, contribuiscono a stuzzicare le emozioni degli spettatori anche grazie al rapporto così intimo che si crea tra un padre (Gennaro Cannavacciuolo) e un figlio (Antonio Grosso) prematuramente scomparso. Che cosa accade nel momento i due si incontrano di nuovo?
Libri, storie, racconti, anche la cinematografia hollywoodiana ci ha regalato vari film sul tema in questione; salta alla mente di tutti l’indimenticabile ed emozionante Ghost – Fantasma (1990, J.Zucker) in cui Demy Moore e il compianto Patrick Swayze sono costretti a rinunciare al loro amore e al loro futuro a causa dell’uccisione di lui, orchestrata per motivi economici da parte di un amico comune.
Antonio Grosso riesce con bravura a non scivolare nel già visto e pur facendo pensare quantomeno alla tematica del film citato ed echeggiando con evidenza ad alcuni memorabili passaggi delle migliori opere di Eduardo De Filippo, scrive di un rapporto fra padre e figlio così intimo che, così come era accaduto in Ghost, porta inevitabilmente lo spettatore alla lacrima, alla com-passione con il protagonista che resta (ai limiti, "purtroppo") in-vita.
Il giovane autore, già nei suoi precedenti testi da Minchia, signor tenente a Giggino Passaguai  ha fatto del registro “umoristico” la sua cifra stilistica: un umorismo di tipo pirandelliano, eduardiano, riuscendo sempre a conciliare il profilo comico con quello della riflessione, dello stupore, talvolta della sofferenza.  
Nello spettacolo a cui abbiamo assistito, Grosso riceve il supporto dell’ormai inseparabile e funzionale Antonello Pascale, della giovane Roberta Azzarone e soprattutto di due grandi attori come Enzo Casertano (che interpreta un amico di vecchia data) puntuale ed efficace partner e dello straordinario e sempre scenicamente elegante e raffinato, Gennaro Cannavacciuolo, che immerso perfettamente in questa parte diviene motore di questa macchina ben organizzata e “guidata” dal già citato Paolo Triestino.
Un'ultima nota di grandissimo merito alle scene di Alessandra Ricci. 


Buona Scena!
Carlo Dilonardo 


domenica 24 novembre 2013

ASPETTANDO GODOT

di Samuel Beckett
traduzione di Carlo Fruttero

scenografia Samuel Backett
costumi Michela Pagano
con Natalino Balasso, Jurij Ferrini, Angelo Tronca, Michele Schiano di Cola
produzione U.R.T – Teatria

REGIA DI JURIJ FERRINI

fino al 17 novembre al Teatro dell’Elfo, Milano
dal 28 gennaio al 2 Feabbraio Fonderie Limone, Torino


Il leggendario testo antitesi del cosiddetto teatro dell’assurdo, si snoda lungo interpretazioni di vario tipo sui più disparati temi che esso ispira: il mistero della vita, la fede, la menzogna, la paura, la solitudine e l’attesa. Ed in particolar modo su quest’ultima sembrano cogliere la carta vincente i due protagonisti Gogo e Didi, rispettivamente Natalino Balasso e Jurij Ferrini, in questa messa in scena, che a buon rendere scardinano e sdrammatizzano quasi tutta la vena esistenziale pessimista da anni attribuita al testo. 

I due vivono pienamente con sagace, ma non per questo malinconica ironia, l’attesa del misterioso Godot che tende a essere non più un peso bensì il pretesto per slittare dalle battute originali con autorevoli improvvisazioni che finiscono per attribuire proprio l’ assurdità alla situazione. Un (piacevole) colpo a spada tratta per rendere raggiante un’atmosfera di per se molto lugubre, considerando l’incontro con gli altri personaggi di Pozzo e Lacky (i bravissimi Angelo Tronca e Michele Schiano di Cola). I quattro simpatici interpreti riconsegnano generosamente sempre il senso di quello che dicono nell’azione teatrale. Forse, chissà, non sarà stato il senso che si era prefisso lo stesso Beckett, ma quantomeno risponde a una magia che sdogana la noiosa soggettivazione degli intellettuali che ci hanno "ricamato sopra" e lascia comicamente interdetto il pubblico. Buona visione!


La Redazione

venerdì 19 luglio 2013

Hamletelia
Scritto diretto e interpretato da

CAROLINE PAGANI

Teatro dei Conciatori - Roma

C’era una volta Giovanni Testori. Quando si utilizza il “c’era una volta”, il passato diventa una proiezione del presente, tant’è che da sempre e per sempre quell’ incipit dà il la per raccontare le favole che non muoiono, che continuano a vivere, nonostante l’inesorabile passare del tempo. Quindi, c’era una volta Giovanni Testori e c’era una volta soprattutto la Trilogia degli Scarrozzanti. Attori reietti abbandonati che spinti dal mestiere, dalla solitudine, dalla rivolta tentano di mettere in scena all’ interno di un disperato universo di passioni tre capisaldi della drammaturgia, ovvero Amleto, Macbeth ed Edipo. Gli attori-personaggi dei testi del Testori vivono nella periferia milanese e la loro esperienza di vita scenica si compie attraverso una violenza espressiva data anche da un linguaggio composto da una strana commistione di latino, dialetto e termini stranieri, attraverso la quale gli attori-personaggi con-fondono la loro vita di reietti con quella talvolta tormentata dei protagonisti delle drammaturgie di cui si è detto.
All’interno di questa cornice ci sembra opportuno inserire l’ottimo lavoro della giovane attrice Caroline Pagani che grazie all’ ”apertura per ferie” del teatro dei Conciatori, bella e consolidata realtà teatrale della capitale, gestita con grande passione da Antonio Serrano e Gianna Paola Scaffidi, ha messo in scena un lavoro drammaturgico da lei stessa scritto e diretto, dal testoriano titolo: Hamletelia
Il testo è una riscrittura dall’Amleto che vede l’ardente e passionale Ofelia ritornare dal mondo dei non-vivi per riportare in scena vari personaggi shakespeariani attraverso momenti di amnesia, di schizofrenia, di pura follia ma anche di lucidità con una capacità veramente notevole e non comune, bisogna darne atto alla bravissima e precisissima attrice, di spaziare dall’inglese all’italiano, dal dialetto alla cadenza regionale attraverso una poliglossìa ragionata. 
Caroline Pagani, con grande maestrìa e verità scenica, riporta in vita Amleto, il padre, Gertrude, Desdemona, Lady Macbeth, Cleopatra trasformandosi di volta in volta nell’uno o nell’altra, come accade all’ultimo Scarozzante testoriano, costretto a portare in scena  - da solo - tutto l’Edipo. Nel testo elementi fortemente drammatici si mescolano sapientemente ad attimi di elevata intensità comica, soprattutto quando l’attrice si sdoppia, si moltiplica in più personaggi nello stesso momento. Anche la scena è frutto di una semplice ma funzionalissima idea. Un terreno, coperta di morte indossata da Ofelia, che diventa seme della vita, paradossalmente della non-morte. L’attrice, regista e autrice del testo, ha ogni merito. E l'entusiasmo con cui il pubblico l'ha applaudita lo hanno dimostrato. Alla giovane attrice Caroline Pagani anche il nostro assoluto e convintissimo apprezzamento.


 Buona scena!
Carlo Dilonardo

Spettacolo vincitore dell’Internationales Regie Festival Lipsia 2009
Premio Fersen alla Drammaturgia
Miglior spettacolo, miglior regia, miglior attrice, premio del pubblico, Festival Corte della Formica, Napoli 2010
Premio SinestesiaTeatro, miglior spettacolo, miglior regia, Roma, 2010
Segnalazione miglior attrice Festival Teatri Riflessi, Catania 2011
Premio Martucci miglior attrice, Bari 2012
Premio Migliore Attrice al Fringe di Roma 2013

venerdì 17 maggio 2013


L’ISOLA DEGLI sCHIAVI
da Marivaux   
con

con Ester Cantoni, Patrizia Grossi, Marco Cavallaro,
Giuseppe Renzo, Cristina Golotta
Musiche originali Bruno Ilariuzzi | Scene e costumi Clara Surro
Movimenti coreografici Andrea Spina

Regia Ester Cantoni

Teatro San Paolo, Roma – fino al 9 giugno

Finalmente aria di compagnia stabile, con tutto ciò che di umanamente positivo può portare, si respira in questo grazioso teatro della capitale. Abbiamo più volte riportato le nostre riflessioni sulle produzioni de La Compagnia dei Borghi e siamo sempre più convinti che la realtà teatrale messa in piedi da Ester Cantoni riflette inevitabilmente l’entusiasmo e la professionalità della regista e direttrice artistica.

Il teatro San Paolo diventa magicamente la “casa” di questa compagnia e gli spettatori sanno di assistere - privilegiati invitati - ad uno spettacolo che non li deluderà. Ancora una volta, infatti, la scelta drammaturgica, stilistica e registica della Cantoni risulta vincente. Pur apparentemente semplice, la drammaturgia di Marivaux riflette inesorabilmente una cultura, quella francese del Settecento, che Ester Cantoni riesce a portare in scena in maniera perfetta senza tradire la scrittura del commediografo. Non si dimentichi che il parallelo precedente è la messa in scena di Giorgio Strehler del 1994. Pur non volendo rapportare le due produzioni, non fosse altro per la disponibilità di mezzi e risorse economiche, la Compagnia dei Borghi riesce appieno nella rappresentazione. Ai quattro consolidati ottimi attori, Ester Cantoni, Patrizia Grossi, Giuseppe Renzo e Cristina Golotta si aggiunge il contributo prezioso dell’ottimo e funambolico Marco Cavallaro.
La storia è ben nota: una coppia di padroni Ificrate ed Eufrosina, e dei loro rispettivi servi, Arlecchino e Cleantina, scampati miracolosamente a un naufragio si ritrovano su un‘isola con regole alquanto bizzarre: l’ordine delle classi sociali è invertito, sono i servi a comandare ed i padroni ad obbedire. L’inversione dei ruoli riesce e il geniale e lungimirante meccanismo drammaturgico di Marivaux non viene minimamente intaccato. 
L’aspetto prettamente spettacolare è supportato anche da musiche e canto dal vivo che ovviamente rendono ancora più frizzante, se ce ne fosse bisogno, la messa in scena.

Il nostro plauso al di là dello spettacolo, pur meritevole e pregevole, va al lavoro, al coraggio, al fervore e alla passione di questa nostra compagnia alla quale auguriamo ogni bene.

Buona Scena!
Carlo Dilonardo

lunedì 13 maggio 2013


QUEL BRAVO RAGAZZO DI FRANCESCO NUTI

da un'idea di Rocco Tommaso Cicarelli
con

Rocco Tommaso Cicarelli, Camilla Bianchini, Diego D'Elia

Regia 
Diego D’Elia

Palazzo Santa Chiara - Roma 

A cinquantotto anni dalla sua nascita, il giovane autore siciliano Rocco Tommaso Cicarelli dedica questo testo ad una delle figure più controverse della cinematografia italiana: Francesco Nuti. Un evento significativo durato tre giorni e messo in scena in un meraviglioso teatro sito nei pressi del più conclamato e conosciuto Teatro Argentina. Nonostante lo spettacolo veda un' orchestrazione generale ancora molto acerba non può non risultare interessante e coraggioso l’omaggio che i tre giovani attori fanno a Francesco Nuti. Dopo aver descritto gli esordi con il gruppo cabarettistico dei Giancattivi, già formato da Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, si parla delle sue partecipazioni a trasmissioni televisive di successo come Black Out e Non Stop. Sempre con i Giancattivi, sotto la direzione dello stesso Benvenuti, l’ esordio cinematografico avviene nel agli inizi degli anni Ottanta, con il film Ad Ovest di Paperino. Sono gli anni dei “neonati” Verdone, Troisi, Arena, De Caro e Nuti, appunto. Occhio Pinocchio non incontra i favori del pubblico e pur continuando a girare, il regista toscano pare avere un lento ma continuo rallentamento di  consensi ai botteghini. Negli anni a seguire comincia il vero momento di difficoltà per l’attore, cause private e non, lo portano ad uno stato di depressione molto forte, fino all’alcolismo, causa di un rovinoso incidente domestico che lo costringe su una sedia a rotelle.
Francesco Nuti in Tutta colpa del Paradiso
È in questi anni che la cinematografia si interessa al fenomeno del regista toscano ed è in questo momento che Nuti raggiunge il massimo successo ma, come spesso accade, anche un difficoltoso rapporto con esso.Nel decennio successivo il film Occhio Pinocchio  non incontra i favori del pubblico e pur continuando a girare, il regista toscano pare avere un lento ma continuo rallentamento di  consensi ai botteghini.
Negli anni successivi comincia il vero momento di difficoltà per l’attore, cause private e non, lo portano ad uno stato di depressione molto forte, fino all’alcolismo. Nonostante gli sforzi per riprendersi e superare il brutto momento, un rovinoso incidente domestico costringe Francesco Nuti su una sedia a rotelle.

Cicarelli compie questo disincantato e nostalgico viaggio nella vita-carriera di Nuti attraverso alcuni momenti e scene salienti dei suoi film, riprodotte in scena, anche attraverso contributi audio che riportano alla luce l’inconfondibile parlata del regista toscano. Alla fine dello spettacolo spiega le ragioni che lo hanno spinto a questo testo; ragioni personali legate inesorabilmente al caso che gli consente di incontrare a Prato il regista toscano. Cicarelli, con il supporto dei suoi bravi colleghi Diego D’Elia e Camilla Bianchini regala al pubblico giunto un doveroso contributo a questo artista.
Il libro curato dal fratello, edito da Rizzoli

A margine, vogliamo ricordare una bella iniziativa. A fine spettacolo gli spettatori vengono invitati a lasciare in un grande pacco-regalo disposto all’ingresso, un ricordo, una testimonianza, un pensiero che il regista provvederà a far recapitare a Francesco Nuti. Ci è piaciuto molto questo gesto e volevamo renderlo pubblico.
Ancora, il nostro “buon lavoro” va al cast di questo spettacolo con l’auspicio che si possa lavorare ulteriormente su testo e scena per rendere al Nuti un ricordo davvero incancellabile.  
Buona Scena!
Carlo Dilonardo




domenica 3 marzo 2013


lA TORRE D’AVORIO
di Ronald Harwood
traduzione di Masolino d’Amico
con
LUCA ZINGARETTI E MASSIMO DE FRANCOVICH
Peppino Mazzotta
Gianluigi Fogacci, Elena Arvigo, Caterina Gramaglia
scene Andrè  Benaim  | costumi Chiara Ferrantini  | luci Pasquale Mari
Produzione Zocotoco / Teatro Eliseo

regia Luca Zingaretti


«Il teatro, la musica, le arti – in generale – eccitano le dittature». Con questa affermazione Paolo Grassi, iniziò il suo intervento relativo al rapporto tra cultura e fascismo durante un convegno tenutosi a Milano agli inizi degli anni Sessanta. Il testo scritto da Ronald Harwood narra la storia del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, il quale pur non avendo mai nascosto l’odio per le politiche naziste, a “causa” della sua arte molto apprezzata da Hitler, viene etichettato, suo malgrado, come collaboratore del nazismo. Alla fine della guerra infatti, mentre si cerca di smascherare coloro che avevano appoggiato le politiche del Führer, il musicista viene interrogato da un militare americano che è convinto della collaborazione artistica e politica che Furtwängler nega di aver avuto.
Lo spettacolo assume i tratti di quella “stanza della tortura” con cui Giovanni Macchia aveva giustamente definito il Così è (se vi pare). Nello spettacolo infatti, l’imponente scenografia rinchiude tutti i protagonisti della vicenda. Il funzionario americano vive all’interno delle sue (presunte) certezze, il maestro invece vive imprigionato dentro le proprie. La guerra che si scatena tra i due è riflesso di un periodo storico molto particolare, in cui i rapporti tra America e Germania sono mantenuti da un regolamento di conti dovuto alla ventata di democrazia che gli statunitensi e gli inglesi hanno portato nei paesi in cui le dittatura avevano preso il sopravvento. Questo rapporto viene esplicato e rappresentato da Zingaretti in maniera eccellente coadiuvato da un cast di ottimi attori, primo fra tutti il veterano Massimo De Francovich che interpreta in maniera emozionante il direttore d’orchestra protagonista della storia.
Trattandosi di un fatto realmente accaduto e, soprattutto, essendo “il processo” ancora aperto sulle reali intenzioni di Furtwängler, sia l’autore del testo che il regista riescono a tenersi distanti da conclusioni personali sulla vicenda.

Al regista Luca Zingaretti vanno i meriti di una direzione scenica realizzata con grande maestrìa e precisione.
Spettacolo vivamente consigliato.

Buona Scena!
Carlo Dilonardo

giovedì 24 gennaio 2013


iL DIAVOLO CUSTODE
una commedia scritta e diretta da VINCENZO SALEMME  

con
Floriana De Martino, Giovanni Ribò, Raffaella Nocerino,
Antonio Guerriero, Domenico Aria,
Nicola Acunzo, Vincenzo Salemme, Franco Cortese


Teatro Olimpico – Roma
fino al 27 gennaio

Il povero ed onestissimo Gustavo è proprietario di un bar poco frequentato e la sue giornate si dividono tra il lavoro ed una famiglia composta da moglie, figlia e fratello sacerdote, tutti e tre privi di scrupoli nei confronti del prossimo. Il loro lavorìo quotidiano sulla mente del povero Gustavo non sortisce gli effetti sperati: infatti costui vuole, nonostante tutto, mantenere una certa integrità morale e si stupisce di quello che fanno e dicono i suoi famigliari. Un giorno, in un momento di grande difficoltà, gli fa visita il suo diavolo custode, il quale gli propone un cambio: l’anima con la sua famiglia. Gustavo avrà grosse difficoltà ad accettare anche perché – come sempre – la realtà non è mai come sembra. Un tornado. Se dovessimo definire con una parola sicuramente la forza di un tornado potrebbe identificare Vincenzo Salemme. 
Non diciamo nulla di nuovo, è evidente ed ancora una volta dopo il successo de L’Astice al Veleno, spettacolo campione di incassi del 2011, l’attore napoletano riesce a mostrare le sue eccellenti risorse all’interno di un plot originalissimo. Ottimo il lavoro condotto su Domenico Aria (Gustavo), così come registicamente impeccabili sono i tempi, i ritmi con cui Salemme colpisce il pubblico. Nonostante, a tratti, lo spettacolo diventi un one man show, Vincenzo Salemme riesce sempre a mostrare il lato “teatrale”, “attoriale” più puro. È attore, che conosce benissimo il palcoscenico, e si vede. Il cast di cui si circonda è composto da attori che riescono a supportarlo e a fiancheggiarlo in maniera sublime, come nel caso di Nicola Acunzo. Scenografie realizzate da Alessandro Chiti in cui colori e movimento sono alla base di un affascinante lavoro. Apprezzabile spettacolo in cui Vincenzo Salemme, come un burattinaio magico, riesce a muovere le corde anche più intime dello spettatore, soprattutto nel suo monologo finale dedicato al rapporto che ciascuno di noi ha con il tempo. 

Buona Scena! Carlo Dilonardo 

domenica 20 gennaio 2013


mADEMOISELLE PAPILLON
di Stefano Benni

con
Manuela Bisanti, Giampaolo Filauro, Elena Mazza, Andrea Zanacchi

Regia Giovanni Carta

Teatro Agorà – Roma
fino al 27 gennaio

Superfluo descrivere quanto accade nel meraviglioso mondo dell’ingenua Rose, in quanto il lavoro di Stefano Benni è uno dei testi più rappresentati sulle scene. Nella versione realizzata al Teatro Agorà di Roma dalla Compagnia Velluto Rosso all’apertura del sipario c’è già un dato significativo da dover evidenziare. La scenografia. Un palco nudo, in cui vive l’essenziale: infatti, pur privandolo dei più imponenti classici quintaggi, gli scenografi realizzano un mondo, come quello in cui vive la protagonista, meravigliosamente ridotto al minimo, talvolta onirico, ma nello stesso tempo vero e reale. Questo ambiente naturale e bucolico in cui vive la sognatrice Rose, molto ben interpretata da Manuela Bisanti, accoglie una storia che si divide tra sogno e realtà, in cui il regista, Giovanni Carta, con un buon gioco di luci riesce a catapultare gli spettatori non solo nei sogni della fanciulla, ma direttamente nella sua mente: una mente ingenua, ancora infantile ma che ad un tratto “sogna” un mondo negativo che si muove a sua insaputa, in cui regnano corruzione, menzogna e depravazione. Una nota a proposito di questo aspetto va fatta all’ottima messinscena del personaggio di Marie Luise che ne fa l’attrice Elena Mazza. Il suo personaggio, diventa appunto depravato, viscido, a tratti difficile da rappresentare; ed invece ne esce una figura ben creata ed orchestrata all’interno dell’universo così fanciullesco del “broccolo” Rose.
Uno spettacolo realizzato interamente da giovani con una buona preparazione che, certamente, poggia anche su una direzione seria e impegnata come quella a cui abbiamo avuto modo di assistere. 

Veniamo alle nostre note polemiche che spesso hanno diviso i nostri lettori. Noi di LeGrandiDionisie siamo troppo onesti, è vero e questo non sempre è un bene…
Si dice che al teatro la gente non va più. E allora, visti ed osservati alcuni spettatori di ieri sera, siamo felici! Se il pubblico si deve recare al teatro come se fosse in un giardino pubblico o come all’interno del peggior chioschetto di periferia meglio che se ne stia a casa. Il teatro è un luogo sacro. Lo capiscano. Quei giovani, quegli attori, quel regista, lo staff di questo spettacolo ha duramente lavorato. Lo sappiano certi signori che di partite e risultati se ne può parlare anche fuori. Non c’è nulla da fare: mancheranno pure attori bravi, mancheranno pure registi preparati, ma signori impariamo anche ad esser spettatori…

Al di là di questa nostra sia pur oggettiva considerazione, vogliamo nuovamente ribadire la cura e il notevole impegno percepito attraverso questo spettacolo con un cast di bravi attori.
In scena fino al 27 gennaio.  

Buona scena!
Carlo Dilonardo

lunedì 14 gennaio 2013

Una splendida apertura di sipario a tutti voi per questo 2013...

venerdì 12 ottobre 2012

CYRANO…dacci una mano
Una commedia di Mimmo Strati e Alberto Bognanni
(ispirata al CYRANO DE BERGERAC di Edmond Rostand
con
Cesare Cesarini, Titti Lanzetta, Ludovica Leo, Maia Orienti,
Giuseppe Quinci, Stefano Scaramuzzino,
Mimmo Strati, Francesco Trifilio
Regia Mimmo Strati

Teatro delle Muse – Roma
fino al 16 ottobre 2012
Immaginate tre giovani attrici, un inconsapevole elettricista e un muratore calabrese che devono mettere in scena il Cyrano. Questi si ritrovano in un teatro in cui un prete, attraverso la messinscena, sta cercando di raccogliere fondi per i bambini africani. Artefice della messinscena sarà un regista di film western caduto in disgrazia, divenuto un barbone, uno straordinario Cesare Cesarini, che nonostante le sue difficoltà personali è disposto ad aiutare l’improvvisata compagnia nell’allestimento dello spettacolo. Le loro avventure “sceniche” si intrecceranno inesorabilmente con quelle “reali”. Tra esilaranti momenti e alcuni giochi metateatrali lo spettacolo avrà vita nonostante un ordinanza che ordina la chiusura del teatro parrocchiale per farne un garage (la qual cosa sembra tratta da una storia vera!).
 Nonostante le difficoltà a cui poteva andare incontro, ostacoli che abbiamo più volte evidenziato analizzando altri spettacoli, nello caso specifico va detto che l’autore-regista-attore Mimmo Strati riesce molto bene a riunire in sé le tre funzioni. Forse unica nota critica va rivolta alla durata dello spettacolo, alla drammaturgia, un tantino dilatata rispetto all’effettivo plot. Ma al di là di questa considerazione, lo spettacolo – comunque – è molto divertente, tenuto vivo da un buon ritmo e da un cast frizzante di attori che riescono a compiere perfettamente l’operazione scenica. Le caratteristiche dei personaggi, inoltre, emergono, ed anche la bravura dei singoli attori fa da cornice ad uno spettacolo assolutamente consigliato. Notevoli le scenografie di Anna Monia Paura, ridotte all’essenziale, ma intelligentemente funzionali alla resa.

Buona scena!
Carlo Dilonardo

venerdì 7 settembre 2012

Riportiamo di seguito l'intervista realizzata alla giovane artista Ilaria Pergolesi che lo scorso 6 luglio ha dato vita alla quarta edizione della personale “DONNE INTORNO A ME” presentando le sue realizzazioni aventi per tema il volto di 60 donne dipinte in chiave figurativa/moderna, scelte attraverso internet.

Ilaria, la mostra è stata visitata con grande interesse da romani ma soprattutto da turisti che restano stupiti dal modo in cui dipingi. Anche noi di Le Grandi Dionisie pur occupandoci prevalentemente di teatro abbiamo voluto conoscerti meglio proprio per la curiosità che hanno destato i tuoi lavori.  Secondo te – senza falsa modestia – qual è il tuo segno distintivo, dove rintracci la diversità dei tuoi ritratti rispetto ad altri tuoi colleghi?
UN CRITICO D' ARTE MI DISSE UN GIORNO.... LE OPERE D'ARTE PER ESSER UNICHE...DEVONO AVERE "TRATTI DISTINTIVI" E TU, HAI QUESTA FORZA, SONO RICONOSCIBILI OVUNQUE E SONO UN CONNUBIO PERFETTO FRA ANTICO E MODERNO, FRA ALLEGRIA E TRISTEZZA, TRATTI DELICATI E FORTI CHE ALLA FINE RISPECCHIANO LA PERSONALITA' DELLA STESSA ARTISTA. (LE OPERE PARLANO DA SOLE)

Notiamo che tutti i tuoi quadri vedono come protagoniste donne. È solo uno dei tuoi interessi quello di dipingere solo donne o c’è una diversa motivazione?
SOLO DAL 2006 REALIZZO DONNE, PRIMA DIPINGEVO FIORI E.. POMODORI! INIZIALMENTE SONO STATA RICONOSCIUTA ED APPREZZATA PER I POMODORI, DIPINTI IN CHIAVE MODERNA CON COLORI FLUO CHE SI ILLUMINAVANO AL BUIO!

Come sei arrivata a questa mostra?
È LA 4^ EDIZIONE DI UNA MOSTRA TUTTA AL FEMMINILE (DIPINTI DI DONNE REALMENTE ESISTENTI). MA IL MIO PERCORSO OVVIAMENTE È VASTO. BASTA ANDARE SU WWW.ILARIAPERGOLESI.COM PER SEGUIRLO.
Da quanto tempo ti dedichi a questo tipo di ritratto?
CIRCA 2 ANNI, MA NON MI REPUTO UNA RITRATTISTA. smile
INFATTI NON DIPINGO UOMINI PERCHÈ SONO CONVINTA CHE LA MIA PITTURA SIA UN ESPLOSIONE DI FEMMINILITA'. ANCHE SE HO NOTEVOLI FANS MASCHILI CHE MI SEGUONO DA ANNI!! smile

Se dovessi spiegare la tua arte con 3 aggettivi come la definiresti?
ECLETTICA, DIVERTENTE, FEMMINILE

È possibile ammirare i tuoi dipinti anche al di fuori delle mostre e delle personali che curi?
CERTO NEL MIO STUDIO A CIVITAVECCHIA(RM)


Come ben sai, il nostro blog si rivolge prevalentemente al pubblico teatrale. Riesci a trovare una connessione con il “tuo” mondo artistico? E a tal proposito, il mondo del teatro versa in durissime condizioni, cosa ne pensi dell’arte in Italia? Le giovani proposte hanno voce?
LAVORANDO NEL MONDO ARTISTICO È EVIDENTE CHE VERSIAMO IN CONDIZIONI DURISSIME, CI TROVIAMO A DOVER SUPERARE GRANDI DIFFICOLTA', MA IO, FORSE COMPLICE UN CARATTERE PARTICOLARE E MOLTO DETERMINATO, PROVO A METTERCI TUTTA ME STESSA IN QUESTA IMPRESA E CREDO CHE IN QUALIASI SETTORE (TEATRO COMPRESO) LA DETERMINAZIONE E LA PASSIONE SON LE COSE CHE TI SPINGONO AD ANDARE AVANTI..

I tuoi prossimi impegni?
POTETE TROVARE TUTTO SUL MIO SITO WWW.ILARIAPERGOLESI.COM