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venerdì 10 febbraio 2012


NIENTE PROGETTI PER IL FUTURO
scritto e diretto da Francesco Brandi
testo vincitore del Premio Flaiano 2009

con
Giobbe Covatta
Enzo Iacchetti

Teatro Quirino-Vittorio Gassman – Roma
fino al 19 febbraio


In un momento di crisi economica, sociale, antropologica della società il testo di Francesco Brandi rappresenta senz’altro un importante contributo, anche per il numero di suicidi cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi anni. I due protagonisti del testo Tobia (Enzo Iacchetti) personaggio pubblico televisivo e Ivan (Giobbe Covatta), semplice garagista napoletano, si incontrano su di un ponte con la medesima decisione: farla finita. Anche se con motivazioni diverse l’estrema forza che li spinge a compiere l’atto suicida porta i due a raccontarsi. Tobia è un cinico uomo appartenente al mondo dello spettacolo attaccato e sottomesso allo share che egli riesce a destare nei suoi rapporti umani, Ivan invece è un “semplice cornuto” tradito da una moglie sarta, con un uomo che il garagista “adesso” conosce benissimo…Riflessioni sul senso della vita attraverso semplici elucubrazioni ci illustrano un mondo in cui nulla è come sembra e questi universi, apparentemente così distanti sembrano unirsi proprio nel momento estremo, tanto che faranno la medesima fine e si rincontreranno anche nell'aldilà come due buoni amici. 
Una drammaturgia, come si è detto, attuale che ci pone di fronte ad una metastasi insita oramai in ciascuno: un forte senso di solitudine intesa anche come incapacità di esprimere sentimenti puri. Tuttavia, il problema viene affrontato con grande disinvoltura e come tutte le sensazioni estreme, anche in questo caso il teatro riesce a dare della tragedia una descrizione così radicale che diventa, a volte, comica. I due attori, conosciuti al grande pubblico, riescono grazie alla loro verve ad incidere profondamente il testo. Tuttavia, dove comincia il testo e dove finiscono i due? Una domanda che ci poniamo, poiché nello specifico sarebbe interessante capire quanto di Iacchetti e Covatta sia stato inserito durante le prove, fino alla messinscena. A volte, la complicità dei due li porta a delle risate “nascoste” e “private” che fanno perdere un po’ il filo del testo, abbandonando il pubblico ad uno spettacolo di cabaret, che ovviamente piace, diverte ma che – a nostro avviso – non è teatro, così come lo intendiamo. 
Se, invece, le gags sono studiate a “tavolino” e il testo dà spazio a tutto ciò che si è visto e le didascalie presenti e pensate dall’autore sono quelle che abbiamo avuto la fortuna di osservare nello spazio scenico, siamo pronti a fare un passo indietro e a rivedere il nostro punto di vista. Ci si consenta questa osservazione proprio per il nostro amore per la scena, probabilmente diverso da quello che il “pubblico” vuole vedere. Lo spettacolo, ovviamente, concede momenti di grande ilarità così come di grande riflessione, ma ripetiamo, non si evince dalla messinscena “chi ha detto e scritto cosa”. Non si vuole essere pignoli o rigorosamente attaccati al testo, ma nemmeno lasciare alla libera interpretazione (sia ben inteso, non diciamo “improvvisazione”, che di valore ne ha tanto) ciò che l’autore ha voluto significare con la sua scrittura. Gli applausi, a nostro avviso, sono più per Enzo Iacchetti e Giobbe Covatta che non per Tobia e Ivan. A buon intenditor poche parole…

 Buona Scena!
Carlo Dilonardo

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