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mercoledì 1 giugno 2011

Primavera Dei Teatri, XII°Edizione


31 Maggo, Teatro Sybaris, Castrovillari (CS)


Giunto alla sua dodicesima edizione si può rilevare il riscontro di pubblico prolungatosi e cresciuto nel tempo per “Primavera dei Teatri”, affermatasi tra le rassegne più importanti del paese ad opera dei suoi direttori artistici Dario De Luca e Saverio La Ruina, sicuramente l'ultima realtà contemporanea in grado di aver valorizzato il territorio calabrese nel campo delle arti sceniche. Benché si prospetti un buon inizio a cominciare dal fascino suggestionato dal Teatro Sybaris (un bellissimo protoconvento nel centro storico), la prima serata inaugurale riserva molte controversie estetiche, squilibri e sconcerti circa l'ipotesi di nuove leve giovanili del nostro teatro.



Il signor di Pourcegnauc

Compagnia Punta Corsara

regia Emanuele Valenti
con Christian Giroso, Tonino Stornaiuolo, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Giuseppina Cervizzi, Gianni Rodrigo Vastarella, Vincenzo Nemolato, Mirko Calemme.
traduzione e adattamento Antonio Calone, Emanuele Valenti;
scenografie Francesco Avolio, Roberto Carro; costumi Daniela Salernitano;

assistente ai costumi Francesca Traverso; musiche originali Marco di Palo;

disegno luci Gianni Staropoli; fonico Marco Esposito; maschere Salvatore Oliva;
foto Camilla Mastaglio, Marina Dammacco; aiuto regia Antonio Calone.

Dopo Fatto di Cronaca di Raffaele Viviani a Scampia a cura di Arturo Cirillo, il secondo risultato dei giovani attori della compagnia di Punta Corsara mira proprio su Molière, su un testo che stando a quanto ricorda il giovane regista Emanuele Valenti, membro della compagnia, “è una comédie-ballet che si rifà in modo piuttosto fedele ai canovacci della commedia dell’arte. Molière si lasciò ispirare e influenzare dai comici italiani che recitavano a Parigi, in particolar modo dal grande Scaramouche, maschera del napoletano Tiberio Fiorilli”. Nella Parigi di quell'epoca effettivamente il maccheronico aveva raggiunto un'influenza notevole, ma stando ai tempi nostri, ci si sarebbe aspettato il superamento di una forma tradizionale risalente al ‘600, per un ideale ora e sempre più forte appartenuto al teatro, e più che mai oggi necessario: la ricerca della verità. E nonostante il lavoro ammirevole compiuto in anni recentissimi dai giovani attori del progetto, non è stata sicuramente questa la traiettoria dello spettacolo, o per essere precisi della maggior parte di essi. Sul palco del Sybaris un gioco scenografico apparentemente interessante all'inizio: grandi pareti mobili rettangolari dal rosso punzecchiate di schizzi, rimarranno il supporto “virtuale” per una spericolata ma poco efficace, talvolta noiosa alternanza di elementi ripetitivi. E nell'interpretazione collettiva per l'histoire de Pourcegnauc, molto spesso rimane solo la storia: si tratta di un nobile, che in questa tradizione di assemblaggio partenopeo, appare dall'inizio goffo, stupidamente aitante sulla scena. A maggior ragione viene sbeffeggiato, deriso e raggirato per il suo tentativo di sposare la giovane di un ricco signore che voleva darla in sposa al protagonista. Al tipico tocco di Molière, quello di affidare il ruolo di capro espiatorio di una società maligna ad alcuni dei suoi protagonisti, si sostituisce un'immagine che sminuisce il testo, svelandone una lettura superficiale resa da un sottotesto macchiettistico napoletano ormai alla portata di troppi, troppi teatri. Nonostante ciò, non riesce ad oscurare,almeno non completamente, le capacità autentiche vissute di alcuni interpreti: la simpatica irruenza di Giuseppina Cervizzi, l'autoparodia di Valeria Pollice e lo scattante Gianni Rodrigo Vastarella. Ma nel complesso di questo quadro, a fine spettacolo si ha la sensazione, se non la convinzione, di aver assistito al “saggio della scuola napoletana”.



Che disgrazia l'intelligenza!

liberamente tratto da Che disgrazia l’ingegno!”di Aleksandr Griboedov

regia Alessio Pizzech | con Ludovica Apollonj Ghetti, Sara Bettella, Sarah Biacchi, Demis Marin, Giuseppe Nitti, Gabriella Riva, Giulia Rupi, Daniele Sala, Giuliano Scarpinato, Anna Scola, Francesco Woolf

Sicilia Teatro/Compagnia Alessio Pizzch

Dalla sala principale del Teatro Sybaris ci si appresta ad assistere in una seconda sala del preconvento al prossimo spettacolo, la prima nazionale di Che disgrazia l'intelligenza!, a nostra insaputa (ahimè) la ciliegina sulla torta della prima serata che ricorderemo dopo questo secondo e forte intoppo come “omaggio all'agilità esteriore”. I propulsori di un tormento insopportabile durante la visione di quello a cui abbiamo assistito ieri, vengono accesi dai primi minuti di questa messa in scena che, se si era prefissa di far breccia nello spettatore puntando alla raffigurazione della crudeltà dell'uomo, ci schiaccia per avercene offerto un disperato tentativo. Una deriva rispetto a un testo di Griboedov, ripetutamente annullato, e la cui storia si disintegra lasciando dei corpi a un'inutilità glaciale tra il vuoto che in altri casi speravamo ci avrebbero fatto ridere. Nulla che del circondario di umani attorno al giovane Caskji arriva allo spettatore, se non una “smisuratissima” ricerca della forma di un quadro registico che (magari si avvicinasse all'espressionismo tedesco!) si appresta ad esagerare i soggetti recitati dai giovani attori: la maggior parte diplomati all'ultimo triennio di formazione alla scuola dello Stabile di Torino, decisamente troppo saturi di una gelida tecnica accademica che non emoziona da molto, non accende la vita. Tanta roba, tanto fare, ma è l'esserci che manca. E come se non bastasse l'accozzaglia di perfetta dizione e diaframmi altamente allenati sostenuti da un padre la cui recitazione si compiace dell'ambiguità sessuale, un soldato che non è un soldato, si unisce a un minestrone “avanguardistico penosamente scopiazzato”: da Bene alla Kusterman, eccoci passare l'omaggio alla Bausch, il tanga, tacchi, collane, orgie con falsetto circense suggestionati ancora dagli anni ‘80, i nostri Latella, Emma Dante e Ricci&Forte. Non è un caso, ed è molto buffo che nel bel mezzo dello spettacolo tocchi proprio all'attore protagonista che si è sottratto più di tutti per preservare la verità del personaggio, Giuliano Scarpinato, dica la battutta “non ne posso più”. La vampata sentimentalista sottolineata anche in cifre musicali si conclude con le parole di Pasolini: ma per quanto riguarda chi scrive, è troppo tardi per potervi ricorrere.

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