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lunedì 18 aprile 2011


SE NON CI SONO ALTRE DOMANDE

Scritto e diretto da Paolo Virzì

Con Silvio Orlando

e con Sergio Albelli, Paola Balzarro, Antonella Bavaro,
Francesco Brandi, Chiara Caselli, Fortunato Cerlino,
Roberto Citran, Salvatore D’Onofrio, Evelyn Hanack,
Lorenza Indovina, Eva Kiss, Mimma Lovoi, Edoardo Natoli,
Antonio Petrocelli, Marina Rocco, Maria Laura Rondanini,
Chiara Sani, Alessandra Stordy, Silvio Vannucci

Il ruolo di Elisa è interpretato da Chiara Caselli fino al 20/04 e da Antonella Bavaro dal 21/04

Teatro Eliseo - Roma

Il povero Michele Cozzolino (Silvio Orlando) viene trascinato in uno squallido talk-show televisivo che gli sviscera in diretta, con il contributo di giornalisti e suoi conoscenti, invitati per l’occasione, i lati chiari ed oscuri della sua vita: a volte carnefice, a volte vittima. Un po’ come tutti, del resto. L’intera biografia di quest’uomo viene “sputtanata” senza il suo reale consenso ma, come spesso capita di vedere nella nostra amata televisione, tutto ciò sembra assolutamente normale. Che male c’è? D’altronde, siamo tutti un po’ curiosi di vedere il dolore della gente, la sofferenza e di assuefarci delle difficoltà altrui, neanche a parlarne. Anzi, più si soffre, più si guarda. Il cinico voyeurismo a cui ci hanno abituato la fa sempre franca. Michele Cozzolino è incapace di difendersi, il mezzo di comunicazione in cui è stato ingabbiato lo sovrasta e allora, che difficoltà c’è nel mettere in risalto i suoi sbagli, i suoi tradimenti, i suoi errori? Un Così è (se vi pare) in cui la stanza della tortura, la celebre definizione di Giovanni Macchia, finisce per essere la scatola dello studio televisivo, in cui due pseudo giornalisti e spettatori indiscreti lo costringono ad auto-giudicarsi, fino ad auto-annientarsi. Poi, il colpo finale, sinceramente, alquanto prevedibile. Il dovere di chi scrive è di non anticipare nulla e così sia.

Lo spettacolo diretto da Virzì è un film che si consuma sulle assi del palcoscenico di uno storico teatro, dove l’odore del teatro si sente, si respira e si vuol continuare a farlo. Ben vengano emancipazioni, tentativi di avanguardia, ma lasciateci vivere ancora per un po’ del “sangue” e del “corpo vivo” dell’attore in scena. Siamo ancorati ad un teatro che ci lascia stupiti e felicemente colpiti quando l’attore tenta “disperatamente” di ri-fare la vita, non di imitarla. E se gli spettatori accorrono in massa, se le platee sono sempre piene questo non vuol dire assolutamente nulla, salvo a chiedersi se dopo la visione dello spettacolo…sono “corsi” (non accorsi!) in massa. Chi ci legge sa che amiamo raccogliere le riflessioni della gente all’uscita, ebbene, è anche su quelle che noi nel pieno rispetto del lavoro altrui amiamo parlare degli spettacoli, lontani dal facile contentino del nome in locandina, che si sa in Italia essere di gran lunga più importante del mero valore qualitativo e artistico dell’opera. Teatro, dunque, quello vero, vivo, reale nella sua finzione che non è falsità.

Va detto, ad onor del vero, che lo spettacolo è un’ottima operazione commerciale, con una brochure di sala, elegante, accattivante che lascia lo spettatore ansioso di capire cosa stia per succedere. Stop. Ora ridateci il teatro.

Buona Scena! Carlo Dilonardo

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