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lunedì 18 aprile 2011

La vera storia di Pinocchio raccontata da lui medesimo



scritto, diretto e interpretato da Flavio Albanese

scene e costumi Leila Fteita, musiche di Fiorenzo Carpi

a cura di Giulio Luciani al pianoforte e alla fisarmonica Roberto Vacca

luci Claudio De Pace


produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa
23 Febbraio 2011, Teatro Strehler, Scatola Magica

La favola di Pinocchio, il burattino più famoso al mondo, rimane tutt'oggi una fonte inesauribile d'ispirazione per raccontare in tempi odierni la metafora di chi, nato diverso, cerca di condurre in tutta libertà la propria vita sfuggendo alle costrizioni cui siamo abituati sin da piccoli. Se l'incontenibile beniamino di Collodi nasce come un magico ciocco di legno, quale luogo migliore se non il teatro per far rinascere la vita del personaggio, e quindi la magia cui forse completamente credono ancora proprio i bambini? Ed è per l'appunto Pinocchio in prima persona (Flavio Albanese) a parlarcene, a narrarci il suo viaggio, unico protagonista sulla scena a raccontare queste tappe dove troverà il ricordo del suo babbo Geppetto, della fata turchina, del grillo parlante, e aggiungerei “lampeggiante” in questa versione, dei due loschi quanto buffi Gatto e Volpe di varia provenienza, stando al comico effetto dialettale intelligentemente adoperato dall'autore-attore. Perché l'impostazione di Flavio Albanese suona sciolta da formalismi eccessivi a favore di una stretta comunicazione con i piccini, ma che non esula nemmeno il pubblico dei grandi che paiono compiaciuti dell'allegria e della forza che emette Albanese ridendo dei e con i personaggi rivissuti da Pinocchio, un burattino non insolito ma nemmeno troppo stereotipato che fa, a tratti, eco a quello storico di Bene. Inseguendo il suo sogno, il Pinocchio di Albanese è umanamente “piccino”, perché è un gioco come quello del bambino che rincorre, a suon di musica, eseguita dal vivo da Roberto Vacca, la creazione di una meraviglia che non è di questo mondo: così come il paese dei balocchi, la casa fatata della donna tanto misteriosa, il grande stomaco dell'enorme pesce in cui finirà per essere inghiottito. Il tutto attraverso una semplice e leggera scenografia artigianale che accompagna piacevolmente l'attore in questa sua performance vissuta anzitutto attraverso le emozioni dell'infanzia, almeno così sembra, benché nell'arco di questa ottima messa in scena la sua recitazione porta anche i segni di “uno che la sa lunga”, quasi un Pinocchio saccente che giudica anche la sua vicenda. Se non altro però è pur sempre confortante ritrovare un artista in grado di leggere in questa favola il senso autentico per cui tutti i bambini vi appartengono: la fuga e lo smarrimento da un sistema che fuori dal teatro ci aspetta per renderci, invece, burattini medesimi della società. Speriamo di ritrovarlo, Flavio Albanese e il suo Pinocchio, prossimamente sui nostri palcoscenici.
Buona Visione! Mauro Sole

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