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martedì 21 dicembre 2010

FINE (studio per uno spettacolo)

con LUIGI IACUZIO / testo e regia ROSARIO MASTROTA
produzione THESAURUS / collaborazione alla produzione COMPAGNIA RAGLI

Teatro India, Roma, 11 Dicembre

(FINALI PREMIO CAPPELLETTI)

“Fine” è un monologo che rappresenta la lettura definitiva di un’arresa. La nostra sensibilità viene sempre più manipolata da una spettacolarizzazione della vita e da simulazioni di vita, che tolgono la possibilità di farci incontrare ciò che è vero e quindi l’imprevedibilità del contingente. (Rosario Mastrota)

Paradossalmente con tutto quello che il teatro possa aver detto e raggiunto visivamente, viviamo un periodo dove talvolta la semplicità ritorna a riprendersi il cuore dello spettatore con simpatica generosità, amabile nel suo minimalismo in quanto consapevole di quali formule prenda in considerazione il corpo dell'attore che semplicemente comunica, instaura un rapporto con il pubblico. Dal versante “pubblico” però ci spiazza e ci infastidisce la cinica bocciatura degli “esperti di turno” che con insistenza invadono platee, sedie e panche solo per tornare a casa nella loro insoddisfazione vittimista con chissà quali convinzioni. Ben venga sempre invece il tema dell'analisi teatrale, a differenza di chi pensa il contrario, quando una storia seppur già vista parte dal nucleo più piccolo: l'ingenuo ragazzino che voleva diventare un attore. Codesta immagine risente positivamente dei suoni dialettali della Campania conferitigli saggiamente e con puntuale ironia da Luigi Iacuzio (Gino, il protagonista del monologo). Una confessione che auspica il linguaggio meta-teatrale in linea all'espressione virtuale: perché è davanti a una webcam, una telecamera che la confessione di Gino parte in relazione all'agglomerato di delusioni ricevute nell'ambiente dello show-business. Non si era troppo adatti alla parte, non si era nel physique du rôle, non si era più adatti per il palco ma per quella fiction: tutte fasi ormai conosciute, ma che in questo monologo vengono ricucite presso una partitura fisica aderente a una sorta di rivendicazione dell'intimo. Perché la storia di Gino è esemplare in quanto galleggia sulla superficie di un mondo che in realtà maschera quelle zone ombreggianti insidiatisi e intente a distruggere il teatro, e a darne la sua versione: la politica dei potenti, le raccomandazioni mai valide rappresentate letteralmente come un ciclo scientifico pari al cerchio della vita quale circuito di sopravvivenza. E quale momento migliore per poter riderci sopra se i toni cupi e ispidi della vicenda di Gino portano per qualche momento la musica e l'impostazione da presentatore di Super Quark (l'attore Iacurzio prende fedelmente spazio col palco e la luce in una disinvoltura satirica che sa il fatto suo)?. Seppur grosso modo questo studio ci convince per la maggior parte del tempo, sembra però esserci qualche increspatura mielosa, che sembra toccare a malapena le corde di un sentimentalismo un po' gratuito. Tutto sommato ci appaiono per fortuna soltanto come attimi e del resto è già un gran lavoro drammaturgico per un autore e regista giovane quale Rosario Mastrota. Questo lavoro, crediamo, rifletta in parte la lotta alla causa della ripetitività mortale dei giorni nostri cui il teatro è sottoposto e non possiamo che prendere atto di una prova degna d'interpretare il senso di sfiducia di molti artisti. Tuttavia lottano per testimoniare una salvezza che sfida le istituzioni e le ruote incessanti del mercato che sicuramente non tiene sempre presenti tutti i talenti a disposizione. Ci piace pensare a Mastrota e alla Compagnia Ragli come appunto tra i talenti di spicco di questo circuito indipendente del teatro a Roma. Ovviamente ci auguriamo tutti di rivedere questa pièce compiaciuti di una maturità più elaborata. Di per sè però un progetto che senz'ombra di dubbio ha ben saldi i tratti tipici, talvolta meravigliosamente inspiegabili, di quel teatro che ci trasporta e al quale ci si abbandona.

Mauro Sole

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