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sabato 6 novembre 2010

ERODIADE

di Giovanni Testori

con Maria Paiato
scene Francesco Ghisu, costumi Sandra Cardini, luci Pasquale Mari, musiche Francesco Forni
trucco Vincenzo Cucchiara, drammaturgia e aiuto regia Francesca Manieri
regia Pierpaolo Sepe

Erodiade, antica concubina di Erode, si rivolge ora alla testa di San Giovanni, ora all’autore, rivelando le vere motivazioni della decollazione del Battista. È stata lei a spingere la figlia Salomè tra le braccia di Erode e a chiederle la testa di Giovanni,colpevole di aver rifiutato il suo amore. Completamente identificata nella sua passione impossibile, Erodiade sfida il Dio di Giovanni e cerca la morte in scena. Composta tra il 1967 e il 1968, Erodiade fu pubblicata per la prima volta nel 1969 e quindi rielaborata nel 1984, fino al rifacimento dell’Erodiàs, inclusa nel Corpus dei Tre Lai. Pierpaolo Sepe. (http://www.teatroeliseo.it/)

Roma, Teatro Piccolo Eliseo fino al 14 novembre

Una pedana a forma di una croce con mattonelle trasparenti illuminate dal fondo prepara ad accogliere un mito immortale ridefinito con compassione e amarezza tragica dalla penna di Giovanni Testori: Erodiade. La leggendaria regina e sposa di Erode nelle parole del drammaturgo milanese ancora non del tutto conosciuto dal grande pubblico, rivendica in primo piano l'ossessione amorosa per il santo che l'ha rifiutata, il santo cui è legata la storia di questa donna, fino ad esserne diventato il suo tormento. Guardando ai tempi odierni del nostro teatro, il soffocante e cinico scetticismo tra intellettuali e teatranti che da anni pare precludere la morte del teatro di prosa, la sempre più probabile impossibilità di un corpo capace di animare un personaggio, forse ha trovato contrariamente soddisfazione nell'incarnazione di Erodiade attraverso voce e corpo di Maria Paiato. Intenditori, colleghi, critici, profani, avanguardisti, tradizionalisti: non ha più alcuna importanza. Perché con questo spettacolo si è riconfermata senz'ombra di dubbio l'attrice, l'interprete per eccellenza più apprezzata, unico vertice d'accordo delle suddette categorie. Reduce da grandi successi, anche questa volta la Paiato non si è smentita circa la grande sensibilità che la contraddistingue, donando ad Erodiade una struggente e moderna immagine di femmina intrisa di desiderio e carnalità. Il risultato è stato conseguito grazie anche alla collaborazione con il regista Pierpaolo Sepe, che ha ricucito su di lei una sensualità che attraverso un look con capelli neri cortissimi, un seducente abito da sera rosso, e un colorito bianco sul viso con un rossetto molto risaltante, la avvicina ad una diva del rock. Il tutto viene emanato da un' interpretazione dirompente del personaggio: nemmeno per un secondo gli occhi del pubblico sembrano distaccarsi e, attraverso il testo di Testori, naturalmente accorciato per l'occasione senza però aver perso i punti più salienti, finisce per “perforare lo spettatore”. Un'esplosione di passionalità, rabbia e tristezza dal corpo di Erodiade attraversa la platea, essendosi quest'ultima identificatasi, attraverso lo sguardo fisso dell'attrice su di noi, con Giovanni Battista, colui che, rifiutando la regina, ha sentito le sue labbra una volta andato verso il martirio. Rispetto all'ormai canonica attenzione che riserviamo da secoli alla figura provocante della figlia Salomè, che eseguì la danza della seduzione davanti il patrigno, l'Erodiade della Paiato si riappropria della sua storia, rivendica il suo ruolo principale nel delitto anche con il corpo, proprio attraverso un assolo di danza contemporanea che, nel disegno registico di Sepe, ci seduce sorprendentemente pure nel mirabile gioco di luci di Pasquale Mari. In un movimento dove la libertà espressiva si dilata nel volto, nelle braccia della donna, è come se il testo di Testori, negli anni della scrittura scenica in analisi, fermamente credente, venisse restituito nell'interpretazione della Paiato sotto “una luce interamente laica” : il naturalismo poetico delle parole violente, di una sofferenza autentica equivale a uno sfogo di dolore diretto e prorompente legato tanto all'insoddisfazione per i sentimenti non contraccambiati di Giovanni, quanto a Dio che ha strappato l'uomo tanto inseguito da lei. Il complesso linguaggio dell'autore si tramuta in una semplice, ma meravigliosa constatazione della possibilità rinnegata ad Erodiade di condividere quell'amore tanto incondizionato, di cui “Quel Dio” andava tanto a predicare. Una rassegnazione conclusasi in un candido auto abbraccio della Paiato morbidamente stesa sulle mattonelle di questo palcoscenico d'alta moda, che poco prima l'avevano vista come regina in tutta la sua imponenza. Da non perdere, assolutamente.

Buona scena, Mauro Sole!

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