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lunedì 15 novembre 2010

20 Novembre

di Lars Norén
traduzione Annuska Palme Sanavio
regia Fausto Russo Alesi

impianto scenico Marco Rossi, luci Claudio De Pace,con Fausto Russo Alesi

Produzione Piccolo Teatro di Milano

Ispirandosi al messaggio di Sebastian Bosse e alle cronache dei giornali, Norén scava nelle pieghe dell'orrore che si nasconde nella società contemporanea, cercando di capirne l'origine e di rintracciare la cultura o l'assenza di cultura che lo scatena. Attento osservatore della realtà contemporanea e delle possibili deviazioni della mente umana, Norén si interroga su tali abissi di orrore, chiedendosi quale sia l'origine di questa nuova forma di guerra civile scatenata (e annunciata) da un giovane contro se stesso e il mondo circostante. (http://www.teatrodiroma.net)

Roma, teatro India, 6 Novembre e Al Piccolo Teatro Studio Expo dal 9 al 22 dicembre 2010

È indubbia la qualità di “20Novembre”, di Lars Noren, un monologo rivelatosi l'ennesima prova dell'osservazione costante del celebre scrittore svedese, ancora poco noto in Italia, circa la società contemporanea. La meravigliosa performance di Fausto Russo Alesi, anche regista di questo monologo, sembra però non aggiunga molto di più di quanto già abbiano fatto tanti altri testi nell'arco di mezzo secolo, tra drammi e sceneggiature il cui fulcro è la denuncia costante per i meccanismi insipidi della società. Quella generale di “20Novembre” pullula di soggetti e aspetti canonici che per l'appunto, non ci risultano estranei e si dilunga attraverso un'inarrestabile analisi, talvolta ripetitiva, del sistema canonico ordinario della cultura occidentale. È come se il linguaggio giovanile riportato a galla dall'attore Alesi, possa prendere due vie: quella della ovvietà, stando ad alcuni commenti post-spettacolo, oppure di un profondo riconoscimento e di un'immedesimazione in questo codice degradante che parte dai banchi di scuola. Come il caso di cronaca su Sebastian Bosse, il giovane protagonista la cui vera storia, conclusasi in un tragico esito nel suo vecchio liceo (suicidatosi una volta uccisi degli alunni e degli insegnanti) diventa un dramma per il teatro, luogo prescelto per far resuscitare il giovane agli occhi di un pubblico coinvolto e puntato dall'occhio del giovane (Fausto Russo Alesi) e letteralmente dal fucile mitragliatore che ha con sè. Come se non bastasse, oltre ai dispositivi esplosivi che ha addosso, Sebastian non esiterà a rinfacciare l'attenzione mai ricevuta da un pubblico più glaciale e senz'ombra di dubbio indifferente a lui (un gruppo di manichini raffiguranti alcune delle persone che hanno finito per trascinarlo di più nella disperazione). L'espressività di Fausto Russo Alesi, uno sguardo profondo e scavato, facilita di più uno scorrimento senza tregua, anche più leggero potremmo dire, delle vicissitudini tristi raccontate da Norèn, sdoppiandosi tra una rabbia non sempre controllabile e delle pause pungenti,anche sottili che nell'arco della rappresentazione, seppur l'attenzione di alcuni non è alle stelle, trovano l'appoggio e la conferma di noi pubblico attivo cui ci viene nuovamente ridata la possibilità di riflettere. Un caso di cronaca, unico ai nostri occhi, le cui radici possono rivelarsi medesime da un giorno all'altro. E prima che ce ne renderemo conto, un nuovo giovane non al passo con le mode comportamentali di un imperialismo d'omologazione, e di conseguenza sull'orlo di un fallimento esistenziale, perderà la ragione. Senza lasciar alcuno sgorgo di speranza, Norèn si chiude in un mondo abominevole che nella volontà registica di Alesi appare più realistico su un finale, lasciato proprio alla testimonianza vera di Sebastian Bosse: sui proiettori sovrastanti il grande palcoscenico quadrato, su cui prima scorreva il timer che segnalava i minuti di questo scontro/confronto, ecco apparire le immagini degli ultimi video raffiguranti il giovane studente, compreso quello della sera prima del suo ultimo gioco d'armi. A tratti è un esperimento ben riuscito e che ripone indirettamente dei quesiti ai ragazzi del domani: alcuni di questi per fortuna hanno costituto la metà del pubblico.

Mauro Sole

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