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lunedì 25 ottobre 2010

Othello

Tamburi a Cipro

di William Shakespeare

con Giuseppe Renzo, Patrizia Grossi, Daniele Biagini, Carmine Balducci, Alkis Zanis, Annachiara Mantovani e Marco Mattiuzzo

Regia di Ester Cantoni

Teatro San Paolo - Dal 12 al 24 ottobre 2010 e dal 2 al 7 novembre

Abbiamo visto e continueremo a vedere Shakespeare, per fortuna, nei teatri di tutto il mondo in tutte le salse e in tutti i colori, a tinte cupe, a tinte violente, a tinte comiche; così come in altri casi ne abbiamo visti (e ne vedremo) altri che era (è) meglio non guardare. È una banale ripetizione, ma se le cose banali sono anche quelle semplici, elementari, ci piace sottolineare che assistere ad una messiscena di un testo di Sir William, rappresenta sempre un’emozione fortissima: per la sua poesia, per la capacità di unire parole apparentemente quotidiane a livello poetico.

Tuttavia, questa analisi la può effettuare colui (colei) che legge, che recita, che - insomma - vive il teatro dal di dentro, come professionista o come semplice amatore. Il teatro però (per fortuna!, direi) come tutte le arti dal vivo, è fatto per parlare alla gente, al pubblico, non solo agli esperti e specie nel nostro caso, nel caso di William Shakespeare e del teatro elisabettiano, in particolare, va ricordato che al Globe si recavano "patrizi e plebei", chi per diletto, chi per imparare.

Torniamo all'oggi. Rincoglioniti da piccoli e grandi fratelli, allo spettatore che per una qualche (strana!) ragione si avvicini, una sera, al teatro e voglia capire cosa sono questi tamburi, chi è questo Othello, che scriveva William Shakespeare, va spiegata in maniera chiara e precisa di che si parla. Ebbene, questo Othello messo in scena nel delizioso spazio del Teatro San Paolo può essere definito come uno spettacolo calibratissimo, dignitoso, giusto. La storia di Othello, ma in realtà, del diabolico Jago, viene rappresentata seguendo un percorso recitativo-interpretativo abbastanza “classico”; la qual cosa se da una parte può far preoccupare alcuni, dall’altra rassicura la visione di uno spettacolo, di una messa in scena di Shakespeare che consente, finalmente, a tutti di capire cosa accade nella storia di Otello. Ci dispiace per gli accaniti sperimentalisti, o per coloro sempre insoddisfatti della pura e lineare messa in scena, ma ormai si sperimenta con tutto e su tutto, lo fanno tutti, e, ogni tanto, un passettino nel “classico” è cosa buona e giusta.

Costumi d’epoca, scenografia essenziale, ma funzionale, tamburi a lato scena. Tre elementi che ci fanno capire, ancora una volta, quanto aveva affermato Eduardo: "Duemila anni di teatro si possono recitare su pochi metri quadrati di tavole". Ed anche in questo l’Othello ri-nasce in una scena in cui a vivere è la sua storia e nulla più, consumatasi con la chiusura del velarium. Bravi tutti gli attori, fra cui spicca Daniele Biagini, con una ottima e mai statica interpretazione di Jago, così come degni di particolare nota risultano Carmine Balducci (Cassio) e Annachiara Mantovani (Emilia).

E, siccome, si è tutti un po’ innamorati (chi della vita, chi del teatro, chi della propria compagna o del proprio compagno)…“Guardatevi dalla gelosia…è un mostro dagli occhi verdi che detesta il cibo di cui si nutre…

Buona Scena! Carlo Dilonardo

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