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domenica 31 ottobre 2010

DOVEVATE RIMANERE A CASA, COGLIONI

di Rodrigo Garcia

regia di Giuseppe Roselli

con Fabrizio Bordignon, Yuri D’Agostino,Marco Lorenzi, Barbara Mazzi, Maddalena Monti

Disegno luci: Giuseppe Tancorre

Scene: Maurizio Moretti, Federica De Marco, Matisse Wessels

Costumi: Francesca Sassi

Dovevate rimanere a casa coglioni è un testo di Rodrigo Garcia. Sono cinque monologhi per attori e attrici. Sono cinque pensieri di uomini e donne. Dovevate rimanere a casa coglioni è uno spettacolo teatrale che porta in scena 5 voci, 1000 pensieri, una sola storia, tre luoghi, 10.000 euro. Dovevate rimanere a casa coglioni è la nostra festa organizzata per voi. E’ il nostro Amleto fatto di stracci. Abbiamo speso tutto quello che potevamo. Dovevate rimanere a casa coglioni è un funerale per l’amore, cerca di essere verità ma si recita tutto.(Giuseppe Roselli) http://www.teatrorologio.it/archives/1409

Roma, Teatro dell'Orologio(Sala Grande) fino al 7novembre.

È con grande piacere che il nostro blog ha la possibilità di testimoniare una giovane impresa cui è possibile assistere in questi giorni nella sala grande del teatro dell'Orologio; un'avventura caratterizzata da un sontuoso e schizofrenico dipinto colmo di storie al limite della pazzia e, ovviamente, dal talento dei cinque giovani attori in azione. Questo ed altro troverete in Dovevate rimanere a casa, Coglioni di Garcia, un testo che pare proprio scardinarsi lungo gli episodi di uomini e donne probabilmente comuni, ma senz'ombra di dubbio esasperati da eccessivi dubbi amletici (sembra proprio il caso di definirli così). Infatti la simpatica regia di Roselli tende molto a sottolineare il rapporto col testo shakespeareano, forse il testamento ufficiale sulla metateatralità, e come tale inevitabilmente ha ispirato un appetibile ingresso del pubblico che si ritrova abbracciato nel foyer del teatro dalle cinque entità teneramente immerse nella confusione di un personaggio a testa dell'Amleto. Sono solo alcuni attimi e i lati curiosi di questo prologo generale tagliano un fiocco, o per meglio dire, un immenso velo bianco tra la parte centrale e il proscenio della sala per inaugurare questa, forse un pochettino troppo, didascalica sfilata di storie: gli attori, congedatisi, ma ci piace pensare non del tutto, da Amleto cominciano ad alternarsi lungo i percorsi emotivi del testo, il cui motore di ricerca comune risiede nel mistero dell'uomo, di quanto possa spingersi la sua infinita voglia di amare, e di quanto allo stesso tempo debba riconoscere il suo limitato approccio al prossimo, l'inesistenza dell'altruismo. C'è la voce rumorosamente ruvida di Marco Lorenzi al microfono, un inaspettata, ambigua e dirompente giustificazione per poter dare le botte (Yuri d'Agostino). Peccato dover constatare una recitazione un pò canonica, quella di Fabrizio Bordignon, troppo caricata di smorfie che cercano di trovare consenso negli spettatori cui l'attore si rivolge. Fortuna che questo paz-show ritrova il proprio ritmo nella bravura e nella naturalezza persuadente delle attrici Maddalena Monti e Barbara Mazzi: la prima che da un immobilità apparente e tenera in un bizzarro costume bell'epoque, automaticamente ruberà la risata spogliandosi dei suoi panni ed esplodendo in uno sfogo con raccapriccianti esiti a sfondo sessuale riguardo il nucleo famigliare; la seconda una vera sorpresa, costituita dalla figura candida e innocente in abito bianco che, nel raccontare la storia di un acquario da dolce presentatrice di qualche programma televisivo per bambini, ci svelerà in modo esaurientemente divertente come prendere di mira le parti intime di chi in ambito medico si diverte a giocare con la vita del paziente e le reazioni esaustive dell'insoddisfazione di chi in un mondo è rattrappito. Rattrappito è anche il personaggio di Marco Lorenzi: un'autentica performance sul dolore i cui occhi grossi e profondi accentuano di più una disperazione per uno smisurato tentativo di aiutare il prossimo. I risvolti di drammaturgia di Garcìa si unificano all'humor registico di Roselli, cui ci lascia una cornice finale intelligentemente contraddittoria, che nasconde la speranza per un continuo progresso del teatro e dei giovani che vi vogliono appartenere. Noi acconsentiamo!

Buona Scena! Mauro Sole

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