compagnia Divano Occidentale Orientale
“Ammaliata”
orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole
drammaturgia e regia Giuseppe L. Bonifati
con la collaborazione di Cecilia Di Giuli
con Luigi Tabita, Fabio Pappacena, Maurizio Semeraro,
Roberta De Stefano, Adele Tirante, Antonio Merola
Teatro Palladium - 17 settembre 2010
La valorizzazione delle diversità culturali, ci spinge a cogliere la ricchezza e la varietà del nostro territorio, e a comprendere con maggior chiarezza l’appartenenza di ogni singolo segmento a un Tutto, che nella sua complessità, non può essere semplificato in nessuna parte. La ricerca drammaturgica di Bonifati, è partita come una larga spirale di lingue calabresi, con certe assonanze della Campania, della Puglia e della Basilicata, che arrivano dal mare, dalla montagna,a celebrare matrimoni di suoni, oscuri riti popolari. (http://www.festadafricafestival.com/2010/programma2010.html)
“Ammaliata”, che dire?! Non poteva essere più azzeccato di così il titolo dello sfavillante spettacolo che ha finito per ammaliare il pubblico del Teatro Palladium, ieri sera, all'interno della rassegna del Festad'Africa Festival 2010. Un fascino mosso dal ritrovamento, attraverso il teatro, di quell'universo popolano tradizionale colmo di suoni, profumi, abitudini e riti provenienti dal meridione e che rischia sempre più di essere dimenticato da una società sull'orlo dello smisurato progresso della tecnologia e della scienza. Un mescolanza di lingue dialettali relegate alle terre della Calabria, la Campania e la Puglia s'incorpora nella performance del gruppo attoriale proiettato in un mondo dove a dirla sono anche i materiali di scena e i costumi: le sedie povere di legno, le candele e il nero delle stoffe e dei veli, segni riconoscibili e tangenti di quell'inviolabile legge quale il credo e la fede dei popolani confinati nelle proprie piccole realtà. E di questa realtà il regista e drammaturgo Giuseppe L.Bonifati, un giovane al quale auguriamo altri analoghi successi, ha particolarmente e simpaticamente tracciato la figura delle donne appartenenti a quelle tradizioni. Da un duo di briganti e agitatori, si trasformano in autentiche comari, i bravi Fabio Pappacena e Maurizio Semeraro, il cui frivolo spettegolare dei fatti altrui è accentuato dalla coordinazione ritmica provocata dagli strumenti suonati dal vivo da Antonio Merola, posizionato alla destra del proscenio per tutta la durata dello spettacolo. E il suono degli strumenti (tamburelli, sonagli e quant'altro) man mano che s'intensifica per far vibrare le radici di queste terre ritrovate, si fonda al culmine con l'impeccabile bravura di Luigi Tabata, nella cui interpretazione di un anziana e rispettata paesana, massimo difensore dei “valori sacri della famigghia”, sono racchiusi sia la maldicenza ma anche la protezione e la perseveranza per la donna che deve mettersi sotto la guida dei valori religiosi: potesse magari vivere in una casa dove c'è la processione, almeno questo è un suo desiderio. Non di meno viene l'intensità e la simpatia con cui ci lascia Roberta De Stefano. Giovane e talentuosa attrice calabrese, diplomatasi di recente alla Paolo Grassi di Milano incarna nelle sue leggere e naturali movenze e nel suo canto appassionato, quel grido di speranza tanto atteso dalla femmina limitata dal pregiudizio e dalle costrizioni che non permettono di assaporare le passioni e le pulsioni più basilari della vita, di non superare quella linea che sembra tenere separata una giovane ed emotivamente fragile nel suo innamoramento (Adele Tirante) dal suo aitante e focoso spazzacamino che non si asterrà da un corteggiamento manifestatosi al ritmo frenetico di una danza tribale. Un ritratto limpido, grazie anche da uno scorrere incalzante di aneddoti comici che immediatamente ci fanno sorridere, è riuscito a deliziarci degli assaggi di quelle radici che ci appartengono, e che ci auguriamo il teatro riporti sempre alla ribalta. Giuseppe L.Bonifati e gli attori di questo spettacolo ci sono ottimamente riusciti!
Mauro Sole
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