ECUBA
di Euripide
con ISA DANIELI
Adattamento e Regia Carlo Cerciello
Teatro Eliseo, Roma – fino al 28 febbraio
Ecuba, moglie di Priamo incontra in sogno Polidoro, suo figlio, il quale la informa che l’ombra di Achille ha chiesto ai Greci di assassinare Polissena, l’altra figlia della regina. Presa dal dolore di madre e dal timore per la tragedia annunciata Ecuba fa appella alla benevolenza di Odisseo, incaricato di prelevare la fanciulla per portarla alla morte; questa, nonostante l’angoscia della madre, decide di morire con onore, per non essere giudicata come vile. Il destino di Ecuba è crudele poiché viene a conoscenza che suo figlio Polidoro è stato assassinato da Polimestore, re di Tracia, uomo fortemente avido di denaro. All’arrivo di Agamennone giunto per sollecitare i preparativi per i funerali e avendo scorto il cadavere dell’altro figlio della regina, Ecuba decide di chiedere a questi il consenso a condurre il re di Tracia nella tenda dove la donna si vendicherà dei torti subìti. Ecuba riesce così ad ammazzare i due figli di Polimestore e a renderlo cieco, a sua volta il re – alla presenza di Agamennone – preannuncia loro l’amaro futuro che li attende: l’una trasformata in cagna e l’altro ucciso dalla moglie Clitemenstra. A questo punto Agamennone ordina di farlo tacere e di abbandonare il cieco su un isola deserta.
Volti preoccupati all’ingresso in teatro si precipitano dalle mascherine per chiedere la durata dello spettacolo che ripete il rito di una delle tragedia più importanti della nostra civiltà. Rassicurati sulla durata (80 minuti), limitata e giusta per il nostro modo di vedere il teatro il foyer del teatro Eliseo, accoglie gli spettatori con un pianista che dal vivo li conduce in una atmosfera diversa da quella odiosa finto-borghese che nonostante tutto in molti teatri si riesce ancora a scorgere. La presenza del pianoforte e di chi lo fa vivere, la considero un segnale di diversità e la vivo con grande entusiasmo. Sarà infatti una serata indimenticabile.
All’apertura del sipario, credo di aver provato le stesse sensazioni che avevano scosso Luigi Pirandello alla visione dei Sei Personaggi in cerca d’autore di Georges Pitoëff. Il fantasma del figlio di Ecuba appare come ombra al di là di un pannello velato illuminato nella parte posteriore da fari che creano effetti stra-ordinari, lasciando senza parole anche gli spettatori più esigenti. Ancora, la scena rappresenta una macelleria, con una vacca disegnata su telo nero, in fondo scena, con vernice fosforescente al di sotto della quale vi sono due aperture, da dove entrano ed escono i personaggi: manca solo il cartello “Macelleria da Odisseo”. Lo spettacolo è costellato da punti secondo me geniali per quanto riguarda il rapporto tra scenografie e senso del testo; Cerciello porta in scena non solo tuniche greche, ma anche personaggi, come Agamennone o Polimestore, ingessati nei loro vestiti novecenteschi e l’aggiunta di una cravatta potrebbe confonderli con attuali politici…i due infatti possono disporre come credono del loro potere…
Altra giostra divertente e funzionale allo spettacolo è costituita dal gioco magistrale delle luci: un fondo nero con il fosforescente di cui abbiamo sopra parlato, una corridoio centrale con un colore ghiaccio, freddo, da obitorio o da semplice cella frigorifera, fino alla parte più calda dinnanzi al pubblico che porta all’interno di uno spazio più intimo, privato, spazio destinato ad Ecuba.
Si badi, l’apologia delle caratteristiche fin qui fatte viaggia in maniera parallela ad un adattamento perfetto del testo di Euripide che Cerciello realizza personalmente, tenendo conto di tempi recitativi adatti all’esigenze di uno spazio destinato alla recitazione così innovativo. Agli attori, alcuni dei quali molto giovani, un caloroso riconoscimento; una menzione particolare merita la forza di Isa Danieli. Lo spettacolo è colmo, per finire, di omaggi all’arte, alla scultura, al cinema, al teatro del Novecento e questo lo rende ancora più forte ed emozionante. Uno spettacolo che lascia un segnale, un forte segnale: ancora una volta ci si rende conto che il teatro è un movimento continuo di corsi e ricorsi e che nessuna storia è nuova.
Duemila anni fa avevano già detto (o meglio, pre-detto) tutto e Carlo Cerciello rende in maniera perfetta l’universalità del messaggio di questa opera d’arte portandola in maniera viva agli spettatori con un linguaggio contemporaneo.
Buona Scena!
Carlo Dilonardo
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