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venerdì 3 giugno 2011


Un istante di cinema…

TRA NARRAZIONE E VISIONE

TREE OF LIFE


REGIA: Terrence Malick - SCENEGGIATURA: Terrence Malick

CAST: Sean Penn, Brad Pitt, Joanna Going, Fiona Shaw, Tom Townsend, Jessica Chastain, Jackson Hurst, Crystal Mantecon, Lisa Marie Newmyer, Pell James, Tamara Jolaine, Jennifer Sipes, Will Wallace

In tempi non sospetti, un drammaturgo di fama internazionale come Harold Pinter a chi gli aveva chiesto se nella stesura delle sue opere pensasse al pubblico, così aveva risposto: “Fuck the audience!”, ritrovandosi poi, negli anni a venire, a vincere il premio Nobel.

Fatta questa premessa, apriamo questa nostra parentesi di natura cinematografica dopo aver visto il film del regista Terrence Malick, Tree of life. Diciamo subito che il lavoro del texano non si accattiva, tantomeno – a nostro parere – lo vorrebbe, le simpatie di un pubblico “medio”. Il film richiede una predisposizione “psico-attitudinale” vicina all’impegnativa tematica dell’origine della vita, il titolo stesso del film, o la stessa locandina, lo dimostrano. Le notizie biografiche del regista, inoltre, sono già un elemento importante per comprendere la sua ricerca in tal senso: figlio di una coppia siriana di religione nestoriana[1], laureato in filosofia, profondo conoscitore dell’opera di Martin Heidegger, che vede nel principio della “cura” la svolta di senso dell’esistenza umana: attraverso “l’aver cura” si se stessi, appunto, il filosofo tedesco analizza la relazione profonda che lega l’esistenza umana alla temporalità, ricordiamo a tal proposito il famoso saggio Essere e Tempo del 1927. Oltre a queste fonti di natura biografica, anche il modus vivendi di Malick non può che influire sulla sua scrittura: personaggio schivo, quasi mai presente a conferenze stampa, lontano dal jet set hollywoodiano, fa parlare di sè con il suo film più celebre, La sottile linea rossa (1998), con cui focalizza l’attenzione sulla sottile linea rossa che divide la follia dalla lucidità. Un uomo dotato di una immensa cultura, insomma, più che un “semplice” regista.

Nel caso di Tree of life, attraverso i suoi 138 minuti, Malick lascia poco spazio alla parola degli attori per dar vita alle “naturali immagini della natura”, restituendo un profondo senso di appartenenza ad essa solo a una certa parte di pubblico, quella più sensibile, quella più profondamente colpita da un senso, oserei dire, di disagio, di fronte alla magnificenza degli elementi primordiali che, se da una parte possono incutere terrore per la loro devastante forza, dall’altra – ed è questo aspetto che viene ben evidenziato nel film – non sono che l’origine stessa di ogni cosa.

Un film di immagini scelte, selezionate, montate in una personale sequenza, quindi, ma non auto-referenziale, proprio perché realizza una vera e propria “autopsia” della vita stessa, attraverso quelli che sono i colori, i suoni, le tonalità, le vibrazioni che la Natura offre e che non si riescono più a vivere a fondo. Ma anche un film di espressioni, di maschere, di volti, quelli di tutti gli attori coinvolti in quest’opera d’arte contemporanea.

Chiudiamo questa nostra breve nota con un rimando alla premessa: proprio per la sincerità, la schiettezza narrativa che il regista realizza con quest’opera ci permettiamo di suggerire il film ad uno spettatore conscio di ciò che si appresta a vedere, anzi a “vivere”, e non ci si lamenti se anche Malick, crediamo, la pensi come il buon Harold Pinter, certamente.

Buona Visione!

Carlo Dilonardo

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