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venerdì 10 dicembre 2010

Paradiso ritrovato

da “Spara/trova il tesoro/ripeti - Shoot/Get Treasure/Repeat”

di Mark Ravenhill, traduzione Pieraldo Girotto, Luca Scarlini, regia Fabrizio Arcuri

con Michele Andrei, Pieraldo Girotto,

assistente alla regia Marta Montevecchi, ambiente luci Diego Labonia, scene Andrea Simonetti, Claudio Petrucci, scenotecnica Amoni Vacca, costumi Ginevra Polverelli,

Coproduzione accademia degli artefatti09/Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Roma, Teatro in Scatota, 8Dicembre 2010

La nuova piccola pièce della saga epica di Mark Ravenhill, al suo debutto a Roma presso il Teatro in Scatola, è un altro buon esempio dell'autore di come il flusso esistenziale di una crisi rivolta all'intera società, possa partire dal focolare del proprio habitat e confondere il singolo individuo. Quando costui è rappresentato nel totale confort di un salotto ben arredato e in vestaglia sul divano a sfogliare una rivista, potrebbe mai aspettarsi la macabra visita di un uomo-scheletro, altri se non il fantasma di un intimo compagno morto per delle ferite riportate dopo l'esplosione di una mina? Si tratta già di una sottile linea di scorrimento circa la guerra ristrettasi ora al ricordo di quanto vissuto tra questi anonimi protagonisti, ora separati dal cambiamento dei fatti, appunto dalla morte del fantasma stesso, o per meglio dire, il Diabolik con le ossa disegnate sulla sua tutina nera. Dallo spavento impulsivo dell'uomo in vestaglia lasciato in quiete fin a qualche minuto prima (Michele Andrei) e dal rialzarsi delicatamente la mascherina aderente a cuffietta fatto dal morto (Pieraldo Girotto), s'instaura una semplicità di dialogo tale da toccare tanti punti interessanti. Sempre mantenendo una dinamicità naturale dei ruoli che il pubblico apprezza nei battibecchi, nei piccoli rinfacci, basta il minimo sospiro, una direzione degli occhi, del dito, o meglio ancora delle labbra (guardacaso il morto chiede di poter ricevere un bacio) a rubarci una sincera risata. Seppur nell'arco di così poco tempo, i due ottimi interpreti maturano la caratterizzazione del proprio personaggio dilatatosi anche verso le più stupide sciocchezzuole, come i rinfacci, i rimorsi per non aver mai speso ben adeguatamente il tempo. Mai che i due bravissimi attori ridicolizzino al massimo il proprio personaggio, nemmeno “l'uomo scheletrico” del simpaticissimo Pieraldo Girotto, che più per una manciata di mine, sembra proprio defunto in seguito alla disgraziata caduta dal palco di una passerella di moda. Da badare al testo, quanto sia ponderato questo, quando si meraviglia del gusto raffinato del compagno ben rassettato in casa sul suo divano, il tavolino da tè, e con delle tazze alquanto kitch che richiamano tutto il pubblico sempre più attento col riso agli scambi verbali della coppia, ormai da anni scoppiata. D'altro canto Andrei padroneggia la sola circonferenza del divano cui rimane seduto per quasi tutto il tempo con maestrìa e un'immobilità apparente sbalorditiva, del tutto priva di “teatralità”, ovvero senza recitarsi addosso e mantenendo quanto basta per far ridere un ruolo al bivio fra l'essere spiazzato da un'immediata rivendicazione degli spazi del passato e il saggio che ha saputo cogliere tutti i lati di una guerra forse finita, forse tuttora onnipresente. E questo l'uomo scheletro non arriverà a sopportarlo, sino al punto di ritrovarsi vittima del suo stesso escremento: un entità troppo soffocante per influenzare una condizione presente ulteriormente cambiata da tempo. Non restano che gli addii, e ovviamente gli applausi per un debutto piacevolmente accolto e che ci auguriamo al più presto venga replicato nuovamente a Roma.

Mauro Sole!

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