IL FIGLIO
di Serena Guardone,
regia di Paolo Zuccari
con Alessandra Paoletti, Barbara Folchitto, Maria Grazia Laurini, Alessandro Federico
dal 28 settembre al 3 ottobre - TEATRO VITTORIA
Questa storia nasce da ricordi e dei ricordi ha il suono: una musica di fondo, e di tanto in tanto fragorosi lampi: maligni o benigni, ma comunque più vividi del resto. Questa storia nasce da tutto ciò che è assente, che non è mai stato o che ormai non è più. A questo è dedicata: alle cose che sono finite. A tutto ciò che è stato lasciato al chiuso, al di là di un muro ( Paolo Zuccari, Note di regia)
Ieri il Teatro Vittoria ha aperto lentamente le tende del sipario lasciando che la tetra e angosciante atmosfera del nuovo testo della giovane autrice Serena Guardone, Il figlio, per la buona regia di Paolo Zuccari, prendesse già forma attraverso l'ansiosa e mistica entrata della protagonista, Ida (un'ottima Alessandra Paoletti) nel salotto dell'appartamento dove si svolge l'azione: una modesta scenografia con in fondo una finestra bianca sul tendone nero, una porta quasi a metà del palcoscenico che segna il confine tra l'interazione dei protagonisti sulla scena e l'entità misteriosa del figlio, che non si vedrà mai. Quello che doveva essere un semplice pomeriggio in attesa per i preparativi della solita vacanza estiva, si rivela l'occasione per far venire a galla le frustrazioni e la malinconia di due amiche che vivono insieme, Ida, la proprietaria, e sua cognata Anna (la raggiante Barbara Folchitto) specie al momento della tanto attesa visita del professore (un molto convincente Alessandro Federico), colui che impartisce lezioni private al figlio malato di Ida (solo qualche tintinnìo ci avverte della sua presenza). Pare che a saper mantenere il peso di questo clima ansioso ci sia solo la giovane governante Ines, interpretata con freschezza da Maria Grazia Laurini, il cui volto dolce e vago rimane indifferente alla disperata Ida che cerca di smaltire, ma simpaticamente senza successo, i suoi turbamenti attraverso una serie di cruciverba. Il personaggio di Anna è molto distante da quello di Ida: spera ancora dentro di se di poter ritrovare la felicità di un tempo. Nell'interpretazione di tale personaggio la Folchitto realizza un movimento di disinvoltura e spensieratezza: i nervi che rischiano di accendersi ogni qual volta la cognata si senta scossa, lasciano spazio alla serenità nell'interazione con la governante Ines (specie quando questa si rivelerà essere in cinta) e alla gioia di una seconda possibilità attraverso l'amore corrisposto del professore. Preoccupato quanto impacciato e buffo nei panni di questo insegnante privato, Alessandro Federico padroneggia abilmente il suo personaggio rendendolo succube e al centro dello scontro tra le due diverse energie femminili ( anche Ida è innamorata di lui). E come se non bastasse ha dovuto “intendersela” anche con Ines: basta scoppiare dal ridere nel vederlo con gli occhi spalancati dalla preoccupazione al pensiero che il bambino della giovane governante possa essere suo. Nulla di quanto più terribile, il vuoto, attenda la padrona di casa circonderà gli altri tre personaggi. Alessandra Paoletti, che avevamo ammirato già al Vittoria lo scorso giugno nello spettacolo “Emoticon”, la ritroviamo più in forma che mai in un ritmo perfettamente in bilico tra la confusione e l'oppressione che agitano il cuore di Ida, un personaggio tuttavia che ci commuove e ci fa sorridere nella sua interpretazione. Ma dovrà pagare con la solitudine l'ossessione morbosa e il senso di soffocamento verso i suoi cari e le cose più semplici. Forse per egoismo, o per autopunirsi, privandosi del suo seme, commetterà un atto tragico che come si voleva nell'antichità, non vedremo, ma sarà più reso affascinante da una titubante e sconcertante camminata che terminerà dietro la porta del salotto. Il riflesso nel vetro della porta del corpo dell'attrice e la luce che comincia a svanire scrivono la fine di questo triste viaggio. Da vedere!
Buona scena! Mauro Sole
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