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giovedì 15 aprile 2010

EPPURE BATTONO ALLA PORTA

di Dino Buzzati

rielaborazione drammaturgica di Andrea Stopponi

REGIA Gennaro Paraggio – Mario Fazio

DAL 13 AL 18 APRILE 2010

TEATRO AGORA ’80 – Roma

I fatti si svolgono nella villa di campagna dei Gron, protagonisti dello spettacolo. Si tratta di una famiglia borghese che ha subìto, come tante altre, i traumi della seconda guerra. Nell’apparente tranquillità di questa casa si insinua a poco a poco la paura. La pioggia cade incessantemente, il fiume è in piena e rischia di invadere le pareti domestiche. In un crescendo di stati emotivi differenti prendono vita e si muovono tutti i personaggi: il razionale dott. Martora, il rigido ma malinconico Colonnello Bissat e sua moglie Sofia, la coppia di coniugi Gron, composta da Maria e Stefano. Tutti i personaggi verranno travolti, nel corso della rappresentazione, dalla paura, dall’ansia della fine, eccezion fatta per la signora Maria Gron, morbosamente attaccata alla sua casa, ai suoi beni di borghese o a quel poco che la devastazione della guerra le ha lasciato intatto. [tratto dal comunicato stampa della compagnia]

Effettuare una rielaborazione drammaturgica trendola da un romanzo non è cosa facile; non foss’altro perché è la natura stessa del romanzo a non pre-tendere una messa in scena, una messa in vita delle parole stampate su carta. Nonostante questa importante premessa, il testo drammaturgico “allestito” per l’occasione da Andrea Stopponi riesce a compiere perfettamente il passaggio da “carta” a “scena”.

La vicenda è ospitata da una scenografia arredata con garbo ed eleganza, più che altro adatta alle relazioni tra chi vive in quell’ambiente domestico, dai padroni di casa agli amici con i quali ci si riunisce, e il mondo esterno; infatti mobili “pesanti” accolgono una borghesia ormai decaduta, un colonnello fascista privo di ogni elemento di “virilità e romanità mussoliniana”, una realtà che è diventata una non-realtà per coloro che sono stati sconfitti dagli esiti “democratici” del secondo conflitto mondiale.

Lo spettacolo teatrale della compagnia è avvolto in una poetica atmosfera di luci e suoni creata da uno dei due registi, Gennaro Paraggio, del quale abbiamo avuto modo di apprezzare la sensibilità illuminotecnica nello spettacolo che l’ha decisamente consacrato lo scorso anno, quando è riuscito in una apprezzabile regia di uno dei testi più complessi e articolati di Harold Pinter, Vecchi Tempi. Una interpretazione lineare e puntuale quella di Giuliana Meli nel ruolo di Maria Gron, la padrona di casa, ancorata ai ricordi di una ricchezza ormai scomparsa, ricercata, ma introvabile; così come diventa di grande valore quello che l’attore Francesco Nannarelli (nella parte di Stefano Gron) riesce a creare in scena, in modo composto e pulito, privo di eccessive sbavature nella sua interpretazione. Efficaci anche gli inserti recitativi di Laura Branchini, che pur non rivestendo una parte da protagonista si difende benissimo, rendendo puntualmente viva la sua presenza in scena. Infine, un apprezzamento alla capacità di Maura Bonelli, attrice brillante, di rendere interessante ogni gesto compiuto in scena, specie nella parte interpretata in questo spettacolo, in cui il suo personaggio crea una notevole tensione in scena grazie al suo interesse per la cartomanzia: le carte possono dire (o meno?) la verità?...

Lo spettacolo raggiunge nella sua interezza risultati molto apprezzabili. Una nota "critica" me la consenta questa brava ed affiatata compagnia. Più che di una nota si tratta di una esortazione. Esistono i registi E gli attori. Esorto i registi a starsene un po’ di più seduti in platea a godersi lo spettacolo, per analizzarlo ogni sera, a correggerlo dove necessario; oppure si scelga di fare l'attore: non è fondamentale, nè a volte proficuo assurgere a sè entrambi i ruoli o, se proprio si vuole, si faccia quantomeno ad un momento opportuno. Ricordo che nella nostra “teatral penisola” sono riusciti in pochi a conciliare con successo il binomio attore-regista (Eduardo de Filippo, Dario Fo, per citare due “nomini”!): è vero, tentare non nuoce, ma non tentare (a volte) è ancora meglio!

Buona scena!

Carlo Dilonardo

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