LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
con Galatea Ranzi, Nello Mascia,
Sergio Basile, Luca Lazzareschi
regia Pietro Carriglio
fino al 28 marzo
L’attraente Mirandolina, prototipo della donna moderna, è oggetto di galanti attenzioni da parte di due clienti della locanda che gestisce a Firenze con l’aiuto di Fabrizio, suo cameriere e spasimante: il Conte di Albafiorita, che spera di veder ricambiati i doni di cui la ricopre, e il decaduto Marchese di Forlipopoli, che invece ne pretende l’affetto. L’astuta locandiera non si concede a nessuno dei due, lasciando viva l’illusione di una possibile conquista. L’arrivo del Cavaliere di Ripafratta, aristocratico altezzoso e misogino incallito, che disprezza ogni donna, sconvolge il fragile equilibrio instauratosi nella locanda.
[Fonte:www.teatroeliseo.it]
Il perfetto meccanismo goldoniano che lo stesso Carriglio definisce “meccanismo ad orologeria perfetto”, viene in questa versione “annebbiato” dall’utilizzo di un sipario velato permanente che divide – chissà per quale motivo – gli spettatori dagli attori; strana situazione visto che restano vivi gli a parte del testo che per convenzione si soleva rivolgere direttamente al pubblico. Diventa inoltre, quasi fastidioso: una divisione inutile. Se si pensa, tuttavia, all’utilizzo che ne fa il grande light desiner Gigi Saccomandi, allora la cosa può essere giustificabile, ma resta l’impossibilità di trarne una motivazione da un punto di vista drammaturgico. Galatea Ranzi non eccelle nella sua interpretazione: la sua Mirandolina viene bloccata in un meccanismo che la rende troppo sicura di sé. È vero, Mirandolina deve essere una donna che manifesta un forte spirito di rivalsa nei confronti dell’altezzoso Cavaliere di Ripafratta e degli uomini in generale, ma stando a questa interpretazione, appunto, il Cavaliere è giustificato nel suo rifiutarla: manca come dire quel tocco di femminilità, di malizia che un personaggio così furbo come quello della Mirandolina goldoniana dovrebbe possedere. Buona l’interpretazione di Nello Mascia, un professionista di tutto ripsetto, ma in questo spettacolo eccelle la magistrale interpretazione di Sergio Basile, nella parte del Conte d’Albafiorita. La scenografia è essenziale: tre panche delimitano il campo d’azione, stessa idea utilizzata l’anno scorso, con dieci sedie in una edizione de Gl’innamorati diretta da Emanule Vezzoli, con giovani attori.
Infine, una nota personale. Ogni giorno vedo realizzati spettacoli grandiosi in cui giovani registi diventano per amore del teatro tecnico, attore, regista: tutto questo per mancanza di fondi economici che questo paese non concede se non si nasce con un nome adeguato. Leggere il libro di sala di questo “semplice” spettacolo, con circa 30 maestranze esclusi attori e il regista, beh, fa pensare…Giovani bravi, ma lasciati marcire nella loro solitudine, realizzano sublime versioni dei Sei personaggi in cerca d’autore, con quattro attori…beh… i conti non tornano (ingiustamente!!).
Buona Scena!
Carlo Dilonardo
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