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sabato 7 novembre 2009

ALCESTI MON AMOUR
da Euripide
con Manuela Esdra, Luigi Ottoni

Drammaturgia e Regia Walter Pagliaro

TEATRO LO SPAZIO - ROMA

Admeto, re di Fere in Tessaglia, celebre per la sua ospitalità e per il suo senso di giustizia, riusce ad ottenere dalle Moire la possibilità di sfuggire alla morte, a condizione che qualcuno si sacrifichi per lui. Nessuno, tuttavia, è disposto a farlo, né gli amici, né gli anziani genitori: solo l'amata sposa Alcesti, si dice pronta al sacrificio. Sulla scena arriva Eracle per chiedere ospitalità. Admeto lo accoglie con generosità, pur non nascondendogli la propria afflizione, tanto da essere costretto a spiegargliene il motivo. Racconta all'eroe che è morta una donna che viveva nella casa, ma non era consanguinea, così da non metterlo a disagio, pur nascondendo in qualche modo la verità dei fatti. Prima dei funerali sopraggiunge Ferete, padre di Admeto, per portare in dono una veste funebre: il re lo respinge stizzito, accusandolo di essere il colpevole della morte della moglie, ma si sente accusare di essere solo un codardo. Anche se gli era stato ordinato di non farlo, uno schiavo decide di rivelare a Eracle la verità: la donna "non consanguinea", in realtà, è la moglie di Admeto. L'eroe, fortemente pentito, decide così di andare all'Ade per riportarla in vita. Eracle ritorna con una donna velata, fingendo di averla "vinta" a dei giochi pubblici, per mettere alla prova la sua fedeltà. Admeto, inizialmente, ha quasi orrore a toccarla, convinto che sia un'altra, e acconsente a guardarla solo per compiacere il suo ospite. Tolto il velo, si scopre che la donna è Alcesti, ora restituita all'affetto dei suoi cari. Eracle spiega che non le è consentito parlare per tre giorni, il tempo necessario per essere "sconsacrata" agli inferi.

All'ingresso nella sala in cui si compirà il rito teatrale ci si accorge che non si assisterà - per fortuna - ad una pedissequa rappresentazione della tragedia greca. Un tavolo, qualche sedia, spettatori seduti intorno a questi elementi, una maestosa sedia sul palco; i due attori protagonisti, Manuela Esdra e Luigi Ottoni, si faranno impossessare da più personaggi della tragedia greca E' evidente che si assisterà a qualcosa di affascinante. Sarà così.

Una magistrale regia e due attori perfettamente in sintonia portano a compimento la storia di Alcesti, uno dei testi più interessanti di Euripide, che – come afferma il regista – “è un’opera segreta e misteriosa che esplora con sussulti e trepidazioni quel tragitto inquietante che collega lo spazio della vita all’universo della morte”. Ed è proprio questa connessione che questa rilettura di Pagliaro cerca di analizzare, di scavare, indagare scendendo negli inferi, sarebbe il caso di dire, per poi risalire e ritornare in vita.

Fra i tanti personaggi che Manuela Esdra porta dentro/fuori di sé, vorrei segnalare fra tutti Eracle. Una sorta di clown, un istrione che nella sua ebbrezza e follia dionisiaca restituirà la pace dei sensi ad Admeto e, di conseguenza, ad Alcesti; così come va menzionata l’ottima interpretazione di Ottoni nelle nere vesti di Thanatos.

Molto interessanti i costumi e le maschere, non lontane dal grottesco mondo del Jim Carrey di The Mask e, pertanto, lontane anni luce da quelle utilizzate per la tragedia greca, ma proprio per questo avvolte in quel fascino di cui si è parlato all’inizio.

Uno spettacolo poetico si potrebbe definire, per la delicatezza e l’eleganza che lo contraddistingue.

Buona scena!

Carlo Dilonardo


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