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mercoledì 7 ottobre 2009


SHAKESPEARE IN JAZZ

di Giorgio Albertazzi da William Shakespeare e Duke Ellington

Con Giorgio Albertazzi, Serena Autieri, Amii Stewart

Musiche originali di Marco di Gennaro

Arrangiamenti da Duke Ellington di Marco di Gennaro

Teatro Sistina - Roma

dal 6 al 25 ottobre 2009

Al ritmo inconfondibile di Duke Ellington, Giorgio Albertazzi – tra assoli e gags – dà vita ai protagonisti shakespeariani: dal problematico Amleto al tormentato Otello, dall’abile Marcantonio al dolce e disperato Romeo. Il tutto coadiuvato da un’orchestra di solisti jazz, e da due impareggiabili ed eccezionali “primedonne” come Amii Stewart e Serena Autieri. La miscela è esplosiva. Tra improvvisazioni, gioco, dramma e commedia, Albertazzi costruisce un viaggio specialissimo a tempo di jazz dentro il mondo di Shakespeare.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo…uno spettacolo che non c'è. Le parole sopra riportate fanno parte della presentazione dello spettacolo integralmente trascritta dal programma di sala; le ho riportate fedelmente, in quanto riesce difficile trovare parole opportune per analizzare uno spettacolo che visto da fuori, con dei nomi così importanti, avrebbe dovuto rappresentare un vero e proprio evento. Ebbene, si resta delusi. Lo spettacolo altro non è che una narrazione di scene tratte dalle meravigliose opere di Shakespeare, dove ogni tanto appaiono personaggi interpretati talvolta dal maestro, talvolta dalla Autieri e altre dalla Stewart. Ogni tanto si canta e si danzicchia. La vera musa è Amii Stewart che riporta sul palco con il suo stile, la sua eleganza, una atmosfera vicina ai meravigliosi teatri di Broadway, la sua fantastica voce, le sue movenze costituiscono a mio parere la parte più viva dello spettacolo. Serena Autieri danza, canta, recita e forse fare tutto questo, un po’, la sconvolge. Albertazzi si da un gran da fare alla stregua di Cotrone (I Giganti della Montagna, Luigi Pirandello), perché i tecnici luce non seguono perfettamente le indicazioni da lui date durante le prove; ad un certo punto si sente – grazie ai meravigliosi microfoni – “dai la luce!”, seguìto da una simpatica imprecazione. Sarà l’emozione della prima? Sarà l’emozione per un parterre di tutto rispetto? Beh, questo non costituisce una giustificazione. Siamo circondati da bravissimi attori che recitano in scantinati, a volte in maniera sublime anche opere di Shakespeare ed il loro lavoro è perfetto, ma non sono neppure conosciuti.

Passiamo al lato musicale, in senso stretto. Bene. Molto bene. Lo spettacolo potrebbe essere fatto solo dalla band, diretta dal maestro Marco di Gennaro. Apprezzato il valore musicale, non si capisce tuttavia, che motivazione spinge a mescolare il jazz vero del grande Duke Ellington con sound contemporanei come il rap, nel quale si cimenta lo stesso Albertazzi. Apprezziamo le rivoluzioni, ma quando sono davvero rivoluzionarie!

Ah, una informazione agli amici lettori. Come noterete in locandina c’è un Albertazzi con la tromba. Se qualcuno dovesse andare a teatro per vederlo suonare rimarrà deluso. Il Maestro del teatro italiano è, quasi sempre, seduto su un elegante trespolo davanti ad un leggìo. La sua lettura-narrazione è, ovviamente, l’unica cosa di veramente teatrale in questo spettacolo. Ma per far questo, c’era davvero bisogno del Sistina?

Ai posteri l’ardua sentenza…

Buona scena!

Carlo Dilonardo

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